senza titolo

nel silenzio delle periferie, buio

nasce l’uomo nuovo

lo hanno scritto sul muro caduto a pezzi

 

le strade sono sporche

del nostro sangue

che i vostri idranti

a mille

non bastano a lavare

 

fuoco di cielo

colora ( di nero ) corpi di masse

 

sui bordi del grande fiume del continente esploso

ormai fuori dalla fabbriche

 

Non uccidete i nostri sogni

sporcati sui muri dei nostri quartieri

                                                rotti

 

potreste vederli dipinti di sangue sulle vostre facce di
plastica

cadute a pezzetti sulle nostre mani

davanti agli occhi dei nostri figli

                                                                                          
che non potremo perdonare

 

“ SIAMO LIBERI QUANDO LOTTIAMO ! ”

espropriati del senso di vivere

ritroviamo le mani perdute

al caldo sole del mattino sparuto

 

“NESSUNO

 POTRA’ TOGLIERCI

 LA RABBIA E

 LA GIOIA DI

 LOTTARE”

 

lo gridiamo ancora :

nelle piazze !

scritto sui muri

quando facciamo l’amore

e generiamo vita, nuda

calda più del seme anch’esso macchiato

cambiato dal generare continuo di moti, sempre nuovi

rivoluzione della tecnica, e dei sapori

e un miliardi di pelli schiacciate sulle ossa

cumuli di corpi ammassati

 

Lasciate spazi di mare

e fondali blu da bagnare

 

saremo sole che cuoce le vostre pelli

 

vesti di serve

spogliate di nudo ( ancora ! ), unte

spoglie di terra

 

Posted in Territori Occidentali. Edizioni "Oppure" Roma, 1999 | Comments Off on senza titolo

Resistenza

RESISTENZA

 

su e giù

per le colline occupate

a solcare i campi

dei nonni

a scorrere i fiumi

mai visti

d’un tempo raccontato

andato

sepolte le orme dei padri

le riscattiamo

le separiamo

dal nostro sangue vivo, versato

nasce fluido, scorre

nelle luci della notte

che protegge i nostri sogni e

li rende oscuri ai fuochi delle belve,

brune, sataniche, oscurate dal passato

 

le nostre orme

che mai vedranno la luce

lasciano semi presto dimenticati

NON SAREMO QUI A SEGNARLE

fango e sangue, sui corpi di chi ha sognato

nessun figlio

 

io aspetto la sera per vedere

il fuoco del fucile che illumina

il tuo viso

 

all’alba della notte, sola

metallo scalciato di fuori

dal tempo

dei suoni della montagna

scritta

mille volte

 

segnati ancora i sentieri

i passi sporchi di fango

affondano nella paura

e contare i silenzi

di un respiro vigliacco

vorrei

sfiorare il tuo seno

e non pensare alla guerra

sopra le teste, sulle città

 

dormire più a lungo

su addii sparati

delle foglie crepate

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Non chiamarmi poeta

 

 

NON CHIAMARMI POETA

 

non un poeta soffiato dal silenzio

caduto dai cieli bui.

 

Stili profusi

panni stesi su un filo sporco di città

lavato! era ieri e già oggi

lucide acque mille volte saponate

 

bevuto il fluido insapore del dio d’oro

di carta ; parole stonate sui libri stampati di

nascosto da te, sommo poeta di quando ? !

schifo..

non più

 

troppo solo

ho lasciato

il mio piccolo

cuore a piangere

in silenzio.

 

sopra le terrazze dei palazzi di periferie

ansimati respiri di fondo

 

lascio

parole che risuonano fra muri scoperti

 

amo la poesia che gioisce della vita

amo la poesia che si apre alle coscienze

fanculo a tutte le idee di decadentismo

dentro le tombe coi loro inventori

parole come vomiti

parole che sono tali

quando non mutano 
il loro corso

 

lascio a chi sospira solo

le foglie di malinconia

poeti maledetti, poeti della guerra

non v’è tristezza peggiore di chi canta la morte

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Ansa

ANSA

 

fuori dalla finestra vedo :

un carcere pulito ( di cemento )

più a fondo nell’ansa del fiume ( sporco )

 

della finestra mi sfuggono i colori

dei contorni mai osservati

 

dalla finestra fingo di affacciarmi

mi rivedo nel professore appeso del libretto sconosciuto,
ai più

scemi di questa città, uguale, proprio come è descritta

minuziosa e lenta, vetrina

colorata al centro di marmo lucido, poche luci

e ragazze svestite dei jeans,

che scemo ! parole al vento, magari..

sarebbero già sulle tue labbra

e le canteresti

 melodia

malinconica e corale, un suono

dell’anima

stesa su una pagina bianca mille volte evocata

prende il volo dalla finestra, senza gettarsi

                                           
senza cadere

schianta l’urlo !( contro i palazzi )

altro che sassi contro la polizia

è un sogno più forte

lento e lungo, respirato

fra le tue cosce sudate d’interno

 

 

 

 

 

 

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senza titolo

Profumi di
colline in fiore

ho lasciato in Giugno

 

Sole e Luce

Bianco

viti distese su tavole verdi a cingere solitudine

lenzuola spiegate

verdi prati folti

senza righe disegnate

tramonti di incendi bruciano sapori di carne, rossa

tini riempiti di patate

pomodori, su tovaglie di vino

arrancando

li hanno raccolti, loro

scavanti nella terra le mani rosa, pulite di città

nascosto dagli alberi questo pensiero

rotto dal canto di cicala, continuo

senza più il vomitare di città, assiduo

pensieri liberi

a correre per le strade

polverose, di sassi e sterco

mani sudate

 

sono giorni

in cui preferisco non pensare

 

lascio scorrere il fango

uscito dalla terra

nella notte piovosa

 

all’ombra del nuovo 
sole, nulla più

assolati gli occhi, brillano veri

 

vuoti di paura, quando arrivai

 

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Ti ho lasciata Francesca

           TI HO LASCIATA
FRANCESCA

 

affiorano lievi
ricordi di ieri

 

sogni persi si
ricompongono nella piazza

in un attimo ritrovo

sopra la mia testa

il Cielo Grigiastro
degli Inverni Passati

 

Quei giorni di
Dicembre

mai sazi dei tuoi
occhi

sfuggenti come il tuo
corpo fra le mia braccia tremanti

mani, di cercatori d’oro
dentro l’acqua che scorre

 

mi appari

nuvola carica di
pioggia,

acqua sola nel tuo
corpo

a bagnare la tua
pelle

e sporcare il tuo
corpo

 

non più mio

mai mio

 

il tuo sesso non ho
mai posseduto

forse avrei dovuto

 

dissetare pelle e
sangue

 

 lasciarti morire

 

senza guardare

 

la sabbia del tuo
mare

 spazzata dal vento freddo

 tu tremavi, impaurita

stretta a me, mai
scesa

 

se avessi saputo

l’amore non c’entrava

 

dicono

 

un corpo sopra
l’altro a stracciarsi l’anima

e poi sarei andato,

 

verso casa

senza armi

 

l’unica via

per poterti ritrovare

sola e nuda

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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senza titolo

 

MARCIANO COMPATTE LE
CAMICIE BRUNE

DRITTE, ALLINEATE,
ESTESE

PER LE FORESTE
VERGINI

DAL GRANDE FIUME BLU
ALLE MONTAGNE SOVRANE

 

LINEE DI SANGUE
DISEGNANO NUOVI CONFINI

 

 

SPEZZANO IL VIDEO

LE RITOVI
D’IMPROVVISO

PER LE STRADE DOVE
GIOCAVI A PALLONE,

 

SOLO IERI

 

I PASSI NELLA NOTTE

ECHEGGIANO ANCORA FRA
LE BASSE CASE,

A SBATTERE SULLE MURA
PESANTI

URLA E  CANTI INFERNALI

VOMITATI

 

SPAZI APERTI

FUGGI,

E NON HAI PAURA

NULLA SARA’ PIU’ COME
PRIMA

 

 RANTOLANO LE VOCI DEI VECCHI

ANCORA A CADERE,
RITTA E NEBBIOSA

LA VISTA 
DELL
’UOMO CHE MUORE

IN SILENZIO  MAI PIU

SCRIVEVAMO

QUANDO TU NON OSAVI

RICORDARE,

VIVERE

PER

SPARARE

 

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senza titolo

fluidi corpi

scesi sui nostri
sessi

profumati

di sapori marini

 

si lanciano sulla
vita !

distesi i muscoli

languidi sospiri,
nulli

per fortuna

amiamo il silenzio

 

spaziano

chiusi gli occhi

e le mani afferrano

calore e sudore

 

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senza titolo

non ci sono mai stati né gnomi né folletti

le strade sono piene

a grappoli i bambini

 

su nessuno

di questi alberi

nasce un frutto

questa terra

mille volte pugnalata

alle spalle

affoga nel sangue della sua stessa vita

non è più solcata

da aratri e cavalli

come fu ieri.

Troppi addii

senza rimorsi

solo paure

e a me

non resta che camminare

fra i poveri resti di un’antica civiltà

di donne guerriere e di saggi vestiti di lungo

vedere i loro segni sull’erba

i loro sorrisi di morte disegnati

sulle umane pietre

e poi nulla più, nemmeno parole

qui

 

 

portami via con te, terra di fate

i tuoi nuovi guerrieri, già conosco 

da sempre

portami via vento d’Irlanda

Madre dei Mari

lasciami sulle tue spiagge

pelle e sangue, un fluido

canti del cuore

voce, unica

Soffia ! Vento Silenzioso dell’Ovest

caldo seme fra le gambe

a cadere

ancora

 

forse a nord

forse a nord c’è ancora speranza

forse a nord c’è ancora qualche figlia

ascoltare

la Voce della Notte

silenziosa scivolare fra i ruscelli


 

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Eire

EIRE

 

Cantano di te come di un’isola felice

dei tuoi verdi prati

e di folletti che non sono mai esistiti

 

silenzio sui tuoi figli morti ammazzati

e le tue figlie rapate a zero dentro i conventi

che occupano lo spazio libero, ieri

 

bambini già vecchi sorridono

e poi frugano nelle tasche

ancora mocciosi

 

alito dolciastro sputato

di caramelle

 

catrame nero arde

nel fuoco delle fonderie

 

il sole è tiepido, mitiga

i segni delle facce e dei muri

 

locande lontane

e patate e malto da bere

bruciano dentro stomaci

di lavoro sudato

 

le ciminiere del Nord

lentamente bruciano sul fondo

come un quadro di un secolo andato

operaio

 

nessuno sciame

solo passi veloci,

e silenziosi

 

qui i blindati non cigolano

 

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