RIVOLTA A MAGLIANA

Il 14 settembre 2009 circa 200 carabinieri comandati dal
generale Vittorio Tomasone si recano a sgomberare la ex scuola 8
marzo occupata da famiglie e precari senza casa nel quartiere
periferico della Magliana, a Roma. Alla fine vengono arrestati 5
occupanti con accuse false e infamanti:associazione a delinquere ai
fini di estorsione, furto e ricettazione di rame, furto di energia
elettrica e violenza privata.

questo racconto è liberamente ispirato a quel fatto di
cronaca ma i nomi e i personaggi in esso contenuti sono di pura
fantasia.

Per chi vuole leggere la storia vera della 8 Marzo di
Magliana e cosa è accaduto in quei giorni può visitare il sito:
occupa.noblogs.org

 

 

Il telefono squilla che il sole non è ancora nato.

Ginevra mi dice veloce: ci stanno sgomberando.

Ok arrivo le dico. La notizia che temevamo è alla fine
arrivata. Cazzo finalmente adesso si potrà combattere senza questa
bolla d’ansia che ci assedia da mesi.

Di nuovo sulle barricate, finalmente.

Metto un paio di jeans neri, la maglietta del Macchia
Rossa e un giacchettaccio da battaglia e scendo giù.

Per fortuna che non ho riconsegnato la macchina,
altrimenti avrei dovuto prendere un taxi di merda e allora addio
barricate…

Fuori è buio e un po’ fresco, finalmente dopo tanto
caldo.

Un elicottero vola basso sul cielo di Roma e il suo faro
potente squarcia la notte.

Dal mio nuovo quartiere alla Magliana c’è già traffico
e questo cazzo di elicottero è sempre sopra la mia testa.

Non riesco a trovare parcheggio.

Il mio vecchio quartiere non cambierà mai.

Fa uno strano effetto tornarci all’alba per difendere
un’occupazione in cui ho scelto di non stare.

Due anni senza mettere piede alla Magliana, coi miei
fantasmi che mi salutano dai marciapiedi.


Arrivo e già una cinquantina di compagni si
fronteggiano coi carabinieri.

Vedo Valerio, facce di anni passati. Addirittura
Fabietto e Roberto sono scesi da casa. Siamo pronti. Mando sms e
faccio un paio di telefonate. Siamo tanti e pochi allo stesso tempo,
spero che arrivi altra gente altrimenti ‘sti stronzi ce la faranno,
come hanno fatto al Regina Elena e a Via Salaria, pochi giorni fa.


Siamo bloccati dai cordoni dei carabinieri. Via
dell’Impruneta è chiusa ai non residenti. Io in effetti ho ancora la
residenza nel mio vecchio quartiere per cui provo a giocarmi questa
carta. Ovviamente mi bloccano e non mi fanno passare lo stesso.
Allora con Valerio e un paio di altri vecchi compagni cerchiamo di
aggirare il muro di carabinieri senza sbattergli contro. Facciamo il
giro lungo: passiamo fra le sterpaglie, sul lungotevere, andiamo
sulla ciclabile. Troviamo i caramba anche lì, che sporcano la pista
con le macchine e gli scarponi militari. Qualche spinta e una mezza
sceneggiata e riusciamo a scendere dalla ciclabile fino all’entrata
della scuola 8 Marzo. Ora siamo di fronte al cancello.


Abbraccio Falco e gli altri con le lacrime agli occhi.
Non vi faremo cacciare! Dai! Siamo tanti e tutti qua fuori! Non
finirà come le altre occupazioni appena sgomberate: Magliana
Resiste! Ci attiviamo. Telefonate, sms, arrivano i fotografi e la
stampa.


Ma ancora non si capisce cosa succede: è uno sgombero o
no?

Centinaia di carabinieri in stato di assedio circondano
l’edificio e buona parte del quartiere ma neanche un poliziotto.
Nessun digossino.

Impossibile che sgomberino un edificio di proprietà
comunale senza l’autorizzazione ufficiale di Prefetto, Questore,
Digos e Sindaco…

I consiglieri locali dei pezzi rimasti della sinistra
istituzionale contattano Questura e Digos: i super poliziotti si
fanno negare al telefono, sembra che l’aria sia davvero fredda,
gelida. La storia è gestita da Carabinieri e Procura. L’ordine viene
dall’alto Comando e quindi nessun altro organo istituzionale può
interferire a nostro favore.


Roberto ci racconta com’è andata la storia.

Sua sorella stamattina alle 5 stava andando al lavoro
quando ha bucato una ruota della macchina su via della Magliana e ha
tirato giù dal letto il fratello per farsi aiutare. Manco a farlo
apposta mentre Robertone piazzava il cric sotto la macchina s’è
visto sfilare decine di gazzelle e blindati dei caramba.

Non è stato difficile capire che stavano andando a
sgomberare la ex scuola occupata 8 marzo. Ha telefonato agli
occupanti che hanno avuto un paio di minuti per precipitarsi giù dal
letto e sistemare le cose più urgenti.

I fedeli dell’Arma hanno trovato il cancello chiuso con
due catenoni e hanno perso tempo ad aprirlo. Poi si sono imbattuti
contro la porta di accesso all’edificio saldata. Altro tempo perso
per buttarla giù. Tempo ben usato dagli occupanti per salire sul
tetto e telefonarci.

Più di mezz’ora prima che i militari prendessero
possesso della scuola. Tempo che ha impedito lo sgombero "a
cartoccione", cioè senza autorizzazione per motivi di ordine
pubblico.


Tempo che abbiamo usato, dentro e fuori, per organizzare
la Resistenza.

Ora che 100 persone sono sul tetto della scuola e altre
100 sono per le vie del quartiere sarà difficile sgomberare. Siamo
disarmati ma determinati. Urliamo in faccia ai militari che dovranno
bastonarci e arrestarci se vogliono sgomberare la 8 Marzo.
Fotografateci pure, denunciateci tutti e tutte. Ma non vi lasceremo
fare il terzo sgombero di questo maledetto settembre nero di
Alemanno.

Ma a quanto pare non vogliono più sgomberare: eseguono
una perquisizione di tutto l’edificio con tanto di pompieri che
cercano chissà cosa nei tombini del cortile della scuola.
Identificano tutti e ci sono 6 ordini di comparizione. Decisi
dall’alto. Dal Magistrato? Da quel fascista di Santori che da mesi
provoca e insulta gli occupanti?

Forse qualcuno più importante.

Il Generalissimo.

Che viene a riscuotere gli applausi dei suoi soldati,
che, ridicoli, si dispongono su due file a formare il picchetto
d’onore per accoglierlo e farlo entrare nel cortile della scuola,
definitivamente "liberato" dai baschi neri.

Dal suo arrivo le cose precipitano: il mandato di
comparizione si trasforma in mandato di arresto immediato e 6 dei
nostri compagni dovranno essere tradotti via con le gazzelle
immediatamente in carcere.

La prima macchina con i compagni in manette esce dal
cortile della scuola assediata: non tratteniamo più la rabbia e gli
tiriamo contro le transenne. I caramba fanno cordoni e spingono ma
non controcaricano. Anzi sembra che non vogliono far salire
ulteriormente la tensione, non vogliono scontri e si prendono tutti
gli insulti e le spinte possibili senza (quasi) reagire.

"annatevene annatevene caramba de merda!" Gli
gridiamo, dopo che son riusciti a portare via i nostri compagni.

Giriamo cassonetti e ‘sti cazzi di quello che pensa la
ggente del quartiere. Siamo incazzati e non badiamo più a nulla. È
il caos.

A quella giornata seguono cortei nel quartiere e sit-in
sotto le carceri, conferenze stampa e assemblee cittadine.

Per 16 lunghi giorni i nostri compagni restano dietro le
sbarre e noi fuori a gridare nel silenzio.

La storia che era iniziata con una telefonata finisce
con un’altra telefonata. L’avvocato mi dice che hanno concesso i
domiciliari…

Una parte dell’incubo è finito.

Ora ci tocca continuare la battaglia lontano dalla luce
dei riflettori di movimento. Dobbiamo tirarli fuori dai domiciliari
con uno sfibrante lavoro da avvocati.

La lotta va avanti.

 




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