Pin va al 15 Ottobre

Pin si aggira sorpreso tra la folla: mai vista così tanta gente in piazza tutta insieme a manifestare! Deve essere davvero una cosa importante, proprio come gli ha detto il suo commissario politico che, a proposito, ancora non si vede. Mondoboia dov’è? Dove sono i suoi compagni?

Si dice che oggi stia scendendo gente in piazza in tutte le città del mondo e proprio i suoi compagni ancora non si son visti!

Ma non importa. In questo momento Pin ha solo una gran fame.

Quando il corteo parte è tutto un gran casino: ci sono gruppi coloratissimi e altri tutti vestiti di nero, c’è gente con il casco in testa e altri con il casco in mano.

Altri senza casco, e basta.

La manifestazione è subito molto ma molto rumorosa: scoppiano bombe e petardi dappertutto.

Pin dopo il primo scoppio si butta a terra, spaventatissimo dal rumore così forte. Ma poi si rialza perché vede che nessuno dei manifestanti si è spaventato: sembrano abituati a queste strane bombe.

Il rumore è fortissimo ma nulla viene distrutto. Perché mai? Si chiede sconcertato Pin.

Quelli che li fanno esplodere devono essere davvero bravi eh, perché Pin non ne riesce a individuare neanche uno, anzi neanche capisce dove esplodono queste strane bombe che lui non ha mai visto: fanno tanto rumore ma non distruggono nulla.

Ma allora perché le tirano?

Per diventare tutti sordi?

Bah…

Pin prova a seguire tre ragazzotti completamente vestiti di nero con tanto di cappuccio tirato sopra la testa e un fazzoletto davanti alla faccia: ma non è un fazzoletto rosso, come quelli della sua Brigata e neanche un fazzoletto tricolore. É un fazzoletto nero.

Ma perché son vestiti di nero? Mica saranno fascisti? Pin prova a chiederlo a un ragazzotto che però non gli risponde. Pin non ama il colore nero perché gli fa paura, gli ricorda troppo, ma davvero troppo, quello delle camice nere, poiché Pin è troppo giovane per ricordarsi che il nero era il colore degli anarchici, quello che indossava sempre lo zio di suo cugino Metello.

Pin, che è povero, si veste piuttosto di stracci e i colori spesso e volentieri son abbinati a casaccio fra di loro.

In fondo per Pin i colori importano poco: l’unica cosa che importa è il sentiero dei nidi di ragno.

Poi Pin vede che uno di loro ha disegnata una A cerchiata sopra il suo strano zainetto.

“Ah ecco!” grida Pin, “siete anarchici non camice nere, mi sembrava strano…in fondo siete vestiti da straccioni, proprio come me! Bravi bravi”.

Pin un po’ gli stanno simpatici questi tipi e prova a parlare con loro ma sembra che nessuno lo veda o lo ascolti. Perché mai? È troppo piccolo? Ancora con questa storia?!

Pin cerca di vedere come sono fatte queste strane bombe, cerca di capire chi le tira e dove e perché non le tirano contro la polizia o contro le caserme o contro le sedi dei fascisti, ma solo negli angoli delle strade.

Ora ha capito che le tirano negli angoli per non far male a nessuno, perché siamo tanti, davvero tanti. Ma così fan diventare tutti sordi e spaventano cani e bambini di cui stranamente questa manifestazione è assai piena.

Non fa in tempo a capire che cosa stanno facendo i ragazzi con le strane bombe che a un certo punto vede che accendono dei fumogeni, bianchi, rossi e di altri colori. Ma che stanno facendo?

Ah sì, pensa Pin, li usano come copertura perché ora vorranno attaccare la casa delle camice nere che si trova a poche centinaia di metri dal corteo! Vogliono usare questi fumoni per nascondersi e attaccarla poi con le strane bombe e chissà cos’altro, pensa Pin.

“Bravi bravi! Andiamo a dare una lezione alle camice nere!”, grida Pin al vento.

Ma invece no. Proprio per niente.

“Ma perché non attacchiamo la casa delle camicie nere?!”

Pin non capisce cosa sta accadendo e vede però spuntare fuori all’improvviso una scala.

E cosa ci faranno mai con una scala?

Salgono sul tetto dell’hotel!

Ma che matti che sono!

Incredibile!

Calano uno striscione dal tetto e adesso staccano pure le bandiere…ma che diavolo fanno?!

Incredibile! Incredibile! Bruciano il tricolore! Bruciano il tricolore!

Ah…se il suo commissario politico fosse qui li ammazzerebbe! Ma dovè il commissario? Perché ancora non è arrivato? E gli altri della Brigata? Dove sono?

Parla sempre dell’internazionalismo, il suo commissario politico, eppure dice che il tricolore non si tocca, va esposto sempre insieme alla bandiera rossa: Pin gli chiede sempre: ma allora di che cavolo di internazionalismo parlate tu e il tuo grande partito?

Bah…

Ma adesso che fanno?! Che succede?!

Ma perché si mettono tutti i caschi in testa e si coprono il volto?

Ma che diavolo sta succedendo adesso? Dove vanno tutti quelli incordonati, eh?!

Bum bum bum!!!

Mondoboia è venuta giù la vetrina di questo enorme forno! Il forno è attaccato!!

Pin non aveva mai visto un forno così grande, pieno di scaffali e di luci e di ogni tipo di cibo e non solo pane.

“Bravi! Bravi! Bravi! Dai dai dai prendiamoci da mangiare, dai che c’ho fame!”, grida Pin.

Pin è felice dell’attacco allo strano ed enorme forno ma rimane stupito che quelli dell’assalto, che son entrati dentro, ora buttino la carne impacchettata per terra. “Ma che fate?! Siete matti?!”

Pin prova a fermarli, a gridargli di non buttare le cose da mangiare per terra, ma pare che nessuno lo ascolti.

Perché non hanno preso dei panini e del prosciutto? Ma cavolo non hanno fame come me?

Si chiede Pin un po’ confuso, adesso.

Pin resta esterrefatto quando viene rotta la Madonna: il suo commissario politico gli ha insegnato che non bisogna rompere i simboli della religione perché appartengono al popolo e non alla Chiesa.

Ma il suo commissario politico gli dice pure che la religione è l’oppio dei popoli.

Certe volte, a Pin, gli sembra che il suo commissario politico sia confuso come il partito a cui appartiene…

Ma che succede in questa manifestazione? Si chiede stordito Pin.

Perché sfasciano addirittura la statua della Madonna?
Oddio se li vedesse Don Pietro volerebbero schiaffoni per tutti! Più forti dei manganelli della celere!

Eppure quel ragazzo che rompe la statua della Madonna non viene fermato da nessuno ma tanti e tanti lo incitano e lo applaudono! Un po’ di altra gente però gli grida “teppista, fascista, via di qui”.

“Ma no, ma no, fermi che fate? Non è un fascista, non sono fascisti! Anche io mi sono sbagliato prima! Sono anarchici! Ma che non sapete riconoscere la differenza? Sono compagni come noi, fermi non li spintonate!”.

Ma perché alcuni si incazzano così tanto con quelli vestiti di nero? In fondo è solo una statua della Madonna, e che sarà mai! Ma questo non è un corteo di comunisti e anarchici? Pensa Pin sempre più confuso.

Pin è sempre più stordito: qui succede tutto e il contrario di tutto, e che cavolo!

Eppoi quella statua è una rappresentazione falsa: lo sanno tutti che la Madonna era ebrea nata in Palestina, provincia dell’Impero Romano. Non era quindi né bianca né bionda!

Ma poi che ve frega?

“Pensiamo a decidere dove andare forza!”, grida Pin.

“Andiamo al Palazzo del Governo, no?! Esatto?!”

“Forza attacchiamo il palazzo del Governo fascista!” grida Pin all’impazzata.

Ma il corteo sembra andare da un’altra parte, verso Piazza San Giovanni.

“Ma forse i fascisti hanno spostato la sede del governo? L’hanno messa a San Giovanni?”, chiede Pin, poco pratico della città.

Pin inizia ad aumentare il passo, il fumo dei fumogeni e delle strane bombe ormai ha oscurato tutta la strada che porta dal vecchio Colosseo fino all’angolo ove tutto si fermerà, almeno così dicono.

Il camion si fermerà, il corteo non entrerà nella grandissima piazza San Giovanni e tutto dovrebbe finire, non s’è capito ancora come, però. Ma tutto dovrebbe finire.

Quelli del camion dicono che non entreremo in piazza: ma allora dove diavolo andremo?

Ma soprattutto per quale cavolo di motivo il camion con tutte quelle persone che lo seguono continua ad andare dritto proprio verso Piazza San Giovanni?

Pin è confuso, ma, in questa confusione vede che un gruppo di manifestanti sembra avere le idee chiarissime: sembrano molto seriosi non si lasciano sconvolgere da quello che accade intorno a loro, sembrano decisi e determinati, sono tutti incordonati, hanno felpe nere, oppure rosse, hanno tante bandiere rosse senza falce e martello ma con una stella ove brilla la scritta Autonomia.

Questi non tirano bomboni a cazzo di cane ma avanzano uniti e compatti, forse verso il sol dell’avvenire, direbbe il suo commissario politico, se non li accusasse di essere estremisti malati infantilisti o come cavolo dice lui.

All’angolo del bar dedicato alle due squadre più importanti della capitale Pin si trova insieme a un sacco di gente. Questi autonomi e tanti anarchici e tanti ragazzotti vestiti di stracci come lui ma tutti egualmente determinati e arrabbiati. Dietro le sue spalle Pin vede un sacco di fumo, fumo nero di un incendio, che Pin sa bene distinguere da quello bianco dei lacrimogeni.

“Ma cosa diavolo sta andando a fuoco laggiù?”, grida Pin ai manifestanti accanto a lui.

Ma a Pin non risponde nessuno forse perché un secondo dopo parte la carica dei blindati.

Nessuno sbirro scende a piedi per picchiarli ma provano a tirare giù i cordoni caricandoli direttamente coi blindati: cazzo che paura che fanno!

Pin scappa scappa scappa insieme a tanta altra gente arrabbiata e pronta allo scontro ma pronta anche a scappare.

Ma Pin vede che un gruppetto di gente particolarmente arrabbiata e determinata non ci sta a scappare senza far nulla, senza difendersi e allora li vede reagire alla vecchia maniera, finalmente: niente semplice lancio di bomboni stavolta. Provano a costruire una difesa seria in questa strada larga e lunga come il lungomare di Genova: provano a fare una bella barricata mettendo in mezzo le macchinone parcheggiate ai lati per impedire ai blindati di arrivare fin addosso ai manifestanti.

Pin all’improvviso vede un tizio, con la bandiera rossa, che prova a coordinare le azioni di resistenza: ma in pochi gli danno retta, lui si sgola e grida che non bastano cassonetti e transenne di ferro per bloccare i blindati ma servono delle vere e proprie barricate con le macchine, che vanno pure incendiate all’occorrenza e poi da dietro le barricate, al riparo dalla violenza dei blindati si può cantare slogan e lanciare bomboni e pietre e bottiglie quanto si vuole. Ma solo al riparo delle barricate.

Ma questo vecchio comunista pare sia ascoltato da pochi, i ragazzini vestiti di nero perlopiù mordono e fuggono, alla scozzese, e sembra che stiano facendo una rissa da stadio invece che uno scontro di piazza con i migliori reparti della polizia italiana.

Mondoboia dov’è finito il camion?

Ma dove sono finiti tutti quei compagni che megafonavano e gridavano tanto, adesso? Si chiede Pin sempre più smarrito e confuso.

Non ci si capisce più niente, proprio niente.

Il corteo è stato spezzato in due tronconi e nessuno si preoccupa di riunirlo

Non c’è un’organizzazione, gli direbbe il suo commissario politico.

E su questo Pin non può che dargli ragione.

Anche se Pin si chiede: dove cazzo sta adesso che serve il commissario politico e tutti i grandi del partito? Ma dove sono finiti tutti i grandi capi e compagni adesso che serve un po‘ di aiuto e di esperienza?

Dormono da piedi???

Il dilemma se andare in piazza o no alla fine l’ha sciolto la polizia: con una bella carica ha spinto di gran lena tutti coloro che non volevano andarci, lì dentro, mentre ha lasciato fuori, paradossalmente, tutti quelli che ci volevano andare.

La polizia ha un senso dell’umorisimo tutto suo, si sa.

Il problema è che ora non riesce più a cacciarli dalla grande piazza i manifestanti che non ci volevano andare.

Pin compreso.

Le cariche si susseguono una dietro l’altra: ma ad esse si susseguono anche le controcariche dei manifestanti! Che non demordono, non si arrendono, non mollano.

E così Pin si accomoda tranquillo a vedere il gran balletto tra l’idrante della polizia e un gruppo di manifestanti che, ben nascosti come banditi di Sherwood fra la foresta, si son appollaiati fra gli alberi e le siepi del giardinetto al lato della grande e vecchia Basilica.

Mondoboia sarà un’ora che son piazzati lì e non riescono a tirarli fuori: che grandi che sono!

Adesso Pin e il gruppo cui si è unito vengono caricati da più lati e spinti fuori dalla piazza mentre altri gruppi restano imbottigliati dalla celere fra la statua di San Francesco e la Basilica del Santo Giovanni.

Pin si aggira fra le fiamme dei blindati che bruciano e il fumo dei lacrimogeni che si fa sempre più acre e amaro quando una spruzzata d’acqua fredda lo investe all’improvviso.        I poliziotti lo hanno preso in pieno inzuppandolo come un pulcino nero. I soliti stronzi.

Il suo fantasma si aggira senza che nessuno lo ascolti.

Marco Capoccetti Boccia

Di prossima pubblicazione sul numero 17 della rivista “Laspro”

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