22 Ottobre 1980: apposizione della lapide in ricordo di Valerio Verbano in via Monte Bianco

 

Il 22 ottobre di trentadue anni fa, a 8 mesi dal suo infame assassinio, veniva messa la lapide in ricordo di Valerio Verbano in via Monte Bianco  La lapide ove ogni 22 febbraio ci ritroviamo per ricordare Valerio, la sua lotta, che è anche la nostra lotta. La lapide ove dal prossimo 22 febbraio ci ritroveremo più soli, senza Carla. La lapide sotto quella casa che la regione Lazio ha chiuso e messo all’asta. La lapide più volte imbrattata, distrutta, da quegli stessi fascisti che parlano di rispetto per i morti…
La lapide rossa, protetta da due bandiere rosse ai lati.
Per non dimenticare.

Così ne scrivevo un anno e mezzo fa nel mio libro Valerio Verbano una ferita ancora aperta:

“Già il 22 ottobre 1980, a dieci mesi dall’assassinio, viene posta la lapide in ricordo di Valerio in Via Monte Bianco e organizzato un corteo cittadino con partenza da Piazza Capri. I compagni e le compagne di Valerio indicano sempre nei fascisti i responsabili della morte di Valerio, e nella Polizia l’apparato colluso che copre gli assassini.
I compagni di Valerio scrivono:

‘Nulla resterà impunito! Otto mesi fa i fascisti dei NAR assassinavano il compagno Valerio Verbano, militante comunista, avanguardia riconosciuta nelle lotte della zona Est. Sulla sua morte i vari servizievoli pennivendoli di Stato scrissero calunnie, infamie, nel miserabile tentativo di confondere le acque. Ma ci sono volute altre morti, altre stragi per costringere questo Stato alla verità e cioè che, in barba alla tanto decantata «vigilanza democratica», i fascisti si sono organizzati a vari livelli come veri e propri squadroni della morte. Questo era già chiaro al Movimento rivoluzionario all’indomani dell’assassinio di Valerio, che avveniva dopo una lunga serie di provocazioni fasciste a Roma.
I fascisti, approfittando dei livelli repressivi nei confronti dell’antagonismo proletario organizzato, hanno cercato di ritrovare spazi pubblici attraverso organizzazioni come Terza Posizione, mentre lavoravano a livello clandestino a rafforzamento di organismi come MPR e i NAR. Tutto ciò era da tempo noto al compagno Valerio, che svolgeva un capillare lavoro di controinformazione sulla «nuova» base di organizzazione fascista, sui collegamenti, sui finanziamenti, sui personaggi chiave e occulti del terrore nero a Roma. Proprio per questa sua capacità il compagno Valerio era diventato un obiettivo importante per i fascisti. Ma questo suo lavoro, il dossier diventato oggi tanto famoso, è stato la causa della sua morte soprattutto perché negli ambienti del Palazzo di Giustizia, dove si trovava sotto sequestro, è stata favorita la fuga di notizie. Ma la complicità diretta degli uomini dell’apparato di Stato con i fascisti è nota da troppo tempo per poterci sorprendere.
Le responsabilità precise degli uomini dei servizi di sicurezza, legati a noti personaggi politici, nell’attuazione della prima grossa strage di Stato a Piazza Fontana, ci hanno chiarito da un pezzo qual è il profondo concetto di umanità che caratterizza gli uomini del potere. Non pensiamo sicuramente che questo Stato mai e poi mai sarà disposto a mettere sotto accusa i suoi stessi uomini, spetta al Movimento rivoluzionario, al suo livello di massa, individuare quei personaggi che hanno permesso e indicato, nel caso di Valerio, la persona da uccidere. Ma non basta, questo Stato tanto pieno di marciume dentro di sé cerca attraverso tutti i suoi strumenti di propaganda di accomunare ancora una volta il terrorismo nero delle stragi, alla pratica antagonista del Movimento di lotta. Questa tesi tanto cara al PCI rispunta fuori puntualmente nelle invocazioni istituzionali contro la violenza, NAR e Autonomia Operaia sono una cosa sola: il gioco è fatto. Frantumare questo squallido tentativo significa porre completamente la costruzione del contropotere proletario, la maggiore quantità e qualità delle lotte e lo sviluppo dell’organizzazione di massa: significa, ad esempio, che spetta solo a noi, ai compagni, al Movimento rivoluzionario, la distruzione logistica, fisica e politica degli organismi fascisti.
Ricordare Valerio, al di fuori di ogni retorica, è continuare il suo lavoro interrotto dai suoi assassini, ribadire per noi compagni l’attualità sociale e politica del processo rivoluzionario contro questo Stato della crisi, nella costruzione, tra sconfitta e vittoria dell’alternativa rivoluzionaria.                                                                                                                                  Mercoledi 22 ore 16 concentramento a piazza Capri per mettere la lapide e corteo cittadino’

(Nulla resterà impunito, I compagni di Valerio, Volantone ciclinprop, Roma 18 ottobre 1980, c/o Centro di documentazione del Csoa “Macchia Rossa” Magliana, in Marco Capoccetti Boccia, Valerio Verbano una ferita ancora aperta, Castelvecchi Editore, Roma, 2011, pp. 294-295)

La notizia dell’affissione della lapide viene riportata anche dal giornale Lotta continua

‘Valerio Verbano. Oggi verrà affissa la lapide.

Ogi ci sarà l’affissione della lapide che ricorda il sacrificio di Valerio Verbano avvenuto 8 mesi fa. L’appuntamento è alle ore 17 in via Monte Bianco 119 (Valmelaina), ovvero sotto l’abitazione dei genitori di Valerio che furono involontari e atterriti testimoni dell’immondo assassinio di stanpo fascista, perpretrato dai Nar. La legittimità di questa iniziativa è stata più volte in questo mese ostacolata e impedita da parte della questura che ha dovuto ripiegare di fronte alle proteste del movimento di classe della zona est autorizzando l’affissione della lapide, ma vietando la manifestazione convocata a Piazza Capri. Questo divieto si aggiunge ai mille altri e testimonia in questo caso la collusione di intenti fra questura e fascisti che sono all’origine del dossier per cui Valerio è stato assassinato e di cui si è scoperto che avrebbe potuto evitare l’assassinio del giudice Amato e il massacro di Bologna.

I compagni di Valerio

(da Lotta Continua, Mercoledi 22 Ottobre 1980,)

Quel 22 ottobre dunque ci fu la manifestazione per l’affissione della lapide.
Così racconta il Duka:
‘Poi c’è stata l’affissione della lapide sotto casa. Per il Movimento l’appuntamento era sotto la lapide, le guardie chiusero tutta la zona però lasciando tutta la zona, da Conca D’Oro alla fine del ponte delle Valli, al ponte… quello che porta a Piazza Sempione, e bloccarono tutto a chiude’ fino alla Bufalotta. E mentre tutti stavano là, da come riportano le cronache ci fu un’autoconvocazione, dal quartiere Trieste che passò dall’Africano a Viale Eritrea e andò verso Piazza Annibaliano’.

(Intervista al Duka, Roma 4 Giugno 2010 in Marco Capoccetti Boccia, Valerio Verbano una ferita ancora aperta, Castelvecchi Editore, Roma, 2011, pag. 295)

Quel giorno, a detta della Questura ci furono diversi episodi di violenza:
“In costanza del divieto opposto dalla Questura, di una manifestazione consistente in un corteo con comizio conclusivo, promossa da esponenti del movimento “Lotta continua per il Comunismo” a otto mesi circa dalla morte di Valerio Verbano, verso le ore 19, al termine di una cerimonia commemorativa svoltasi sotto l’abitazione della famiglia del giovane assassinato, diversi estremisti, allontanatisi alla spicciolata dalla zona presidiata dalle Forze dell’Ordine, si portano nel quartiere Vescovio ove, costituendosi repentinamente in piccoli nuclei, danno luogo ai seguenti atti di violenza: un esiguo numero di giovani irrompe nella locale sezione D.C. e, dopo aver fatto uscire alcune persone presenti all’interno lancia quattro bottiglie incendiarie contro una porta e due pareti, danneggiandole. Subito dopo gli attentatori si danno alla fuga, lanciando altri ordigni incendiari sul piano stradale, senza peraltro provocare danni a persone o cose;                                                                                                                                                      -un altro gruppo assale con bottiglie incendiarie un’autovettura radiomobile dei CC in transito, non impegnata nel servizio di ordine pubblico. Il veicolo va completamente distrutto. Nelle circostanze, inoltre, i Carabinieri A. Mario e C. Lorenzo, riportano ustioni giudicate guaribili, rispettivamente, in gg. 20 e 6 s.c.;                                                              -circa 40 facinorosi, tutti travisati, lanciano numerose bottiglie incendiarie contro autovetture in transito, danneggiando la Lancia Fulvia tg. Roma ….. e la Fiat 126 tg. Roma ….., nonché, lievemente, altri due autoveicoli. Gli stessi, inoltre, nella medesima circostanza, esplodono tre o quattro colpi d’arma da fuoco in direzione di un pulmino dei Carabinieri, non in servizio di ordine pubblico, senza peraltro attingerlo;                                -I manifestanti infine accendono un falò e pongono un’autovettura di traverso sul piano stradale. In seguito ad una battuta cinque giovani sono accompagnati in Questura e quindi successivamente rilasciati al termine degli accertamenti. Altre quattro persone aderenti a Democrazia Proletaria, sorprese ad affiggere manifesti contro il divieto al corteo, sono denunciate all’A.G.                                                                                                                                   Si recuperano, da ultimo, inesplosi cinque ordigni incendiari.

(Archivio Centrale di Stato, Ministero degli Interni,  1976-1981, busta 64 pp. 40-41)

La DIGOS invia in copia al Giudice Istruttore Claudio D’Angelo che sta svolgendo insieme al P.M. Pietro Giordano le indagini sull’omicidio di Valerio sia il volantone che l’articolo su Lotta Continua sottolineando come “in entrambi gli scritti si accusano gli organi dello Stato -magistratura e polizia – di collusione con i ‘fascisti’, in relazione ad una asseritamente programmata fuga di notizie sul noto ‘dossier’ sui militanti dell’estrema destra compilato da Valerio Verbano e sequestrato da questo ufficio in occasione del suo arresto”.

(Archivio del Giudice Istruttore, Tribunale di Roma, fasc. 589/80A, questura di Roma, DIGOS, 22 Ottobre 1980)

Una settimana esatta dopo la sistemazione della lapide, viene recapitata a Sardo una missiva anonima di minacce e la lapide viene imbrattata. Non è il primo né sarà l’ultimo sfregio che verrà compiuto ai danni della lapide.

(Marco Capoccetti Boccia, Valerio Verbano una ferita ancora aperta, Castelvecchi Editore, Roma, 2011, pag. 296)


ottobre 1980

giugno 2012

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