Valerio Verbano. Una ferita ancora aperta

Il 22 febbraio del 1980 tre individui armati e con il volto coperto dal passamontagna si presentano a casa di Valerio Verbano, studente di 19 anni, militante del Collettivo Autonomo del liceo Archimede. sequestrano i genitori per circa 1 ora, legandoli al letto, cercando nella stanza di Valerio qualcosa e attendono che Valerio torni da scuola.
Valerio apre la porta di casa sua alle 13.40 e viene immeditamente assalito. Ne nasce una colluttazione che ha termine con dei colpi di pistola.
Uno raggiunge il giovane Verbano alla schiena perforandogli l’intestino.
Valerio muore ma, da quella terribile data, sono passati 31 anni senza che al suo nome potesse essere collegato quello degli assassini.
Un mistero terribile che Marco Capoccetti Boccia ricostruisce con dovizia di particolari: Valerio prima di morire, stava indagando sul mondo dell’estrema destra romana e raccoglieva materiali che avrebbero dimostrato i legami tra l’eversione nera, gli ambienti della Banda della Magliana e gli stessi poteri pubblici, il tutto destinato a comporre un dossier che, evidentemente, costò al giovane comunista romano.
Quello stesso incartamento a suo tempo sequestrato dalla Digos risulta scomparso dagli Archivi del Tribunale di Roma. Sono questi gli attori principali presenti sulla scena del delitto: terroristi neri che, insieme a istituzioni incuranti se non complici, fanno della passione e della morte di Valerio Verbano un omicidio di Stato

Valerio Verbano. Una ferita ancora aperta                                                                             Passione e morte di un militante comunista

Di Marco Capoccetti Boccia

Castelvecchi Editore, pp 380,

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