ACAB di Carlo Bonini

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Beh… il libro di Bonini,letto e riletto, alla fine non mi piace.

E”
scritto in maniera accattivante, in stile asciutto, scorrevole, veloce.

Proprio
come impone la letteratura contemporanea e giornalistica pubblicata soprattutto
da Stile Libero e non solo, in questi ultimi anni.

Ma questo
non basta a farne un buon libro.

Perché
è un romanzo che ti lascia intravedere dall’interno un mondo poco conosciuto,
quello dei celerini, ma si limita ad aprire appena la porta su questo mondo,
senza andare oltre. Senza spiegare a fondo i meccanismi che lo muovono, le
dinamiche violente e/o ideologiche che lo compongono. In particolare
l’ipocrisia di base: quella di chi usa la violenza in maniera spregiudicata per
dire poi di esserci costretto a causa della violenza degli ultras, dei no
global, degli immigrati, dei vari teppisti di turno.

 

Ci
sono cose che mi lasciano perplesso in questo libro.

Innanzitutto
l’autore non spiega come ha fatto ad entrare, da semplice giornalista, in una
chat privata del Ministero degli Interni, aperta solo ai poliziotti.

Come
ha fatto?

E’
finzione letteraria la sua? Ha dato appena una sbirciata?

E’
stato aiutato da funzionari della polizia di Stato? E se lo hanno fatto, perché
lo hanno fatto?

Il
Ministero aveva bisogno forse di scaricare le pecore nere del reparto celere
per dimostrare che in fondo i vertici delle forze dell’ordine sono trasparenti
e democratici?

Inoltre
l’autore salta troppo di palo in frasca: dall’assalto dei N.I.S.S. napoletani
contro una macchina di ultrà della Roma sull’autostrada con cui si apre il
libro, a Genova 2001 di cui troppo poco spiega e racconta, fino all’assalto
alle caserme a Roma nella notte in cui era stato ucciso Gabriele Sandri.

Come
se fossero la stessa cosa. Una partita di calcio e una manifestazione
internazionale. Come se gli ultras, i black block, i no global e i manifestanti
non violenti fossero tutti la stessa cosa.

Perché
non parla invece di Bolzaneto? Di Via Tolemaide? Di Piazza Alimonda? Perché non
racconta fino in fondo delle migliaia di manifestanti massacrati dalla celere e
dai carabinieri, dalla Guardia di Finanza e dalle guardie carcerarie? Perché
non racconta dei cops infiltrati fra i manifestanti? Perché su questo c’è il
silenzio dell’autore?

E poi
non chiarisce la dinamica della notte dell’assalto alle caserme della polizia
dopo la morte di Sandri.

Gli
ultras uniti di Roma e Lazio erano troppo forti da fermare in quella occasione
oppure qualcuno, dall’alto, li ha voluti lasciar sfogare per poi colpirli e
macchiare una giusta protesta per un omicidio a sangue freddo come una
sprezzante e rabbiosa rivolta antipoliziesca?

Bonini
forse voleva davvero spiegare la trama occulta, se trama occulta c’è stata,
dietro alcuni episodi di violenza fra celerini e manifestanti e fra celerini e
ultras.

Ma non
ci riesce. Proprio non ci riesce.

Un
esempio su tutti:

Quando
gli ultras uniti di Roma e Lazio organizzano gli assalti alle caserme dopo la morte
di Gabriele Sandri, tutto sembra spontaneo ma lascia presupporre una macchina
organizzativa pronta a mettersi in moto appena la scintilla fosse scattata.

Ma
allora perché l’autore fa dire ai suoi personaggi "Non credo che la
situazione si possa evolvere. Per adesso è finita così. Per oggi è finita
così"

Proprio
nel momento in cui gli ultras hanno costretto alla ritirata i celerini. Che
invece di contenerli e caricare si mostrano pavidi e si nascondono.

Perché?

 

Ma
quello che proprio non mi piace è che i celerini non fanno nessuna
autocoscienza sulla violenza da loro esercitata in nome di uno stato che non
amano e che criticano sempre. Ma allora la loro violenza è puramente
individuale e del reparto? Non ha quindi giustificazioni morali, etiche, legislative?

Eppure,
disegnando a tutto tondo anche le loro vite sconclusionate e difficili,
l’autore sembra voler mostrare le difficoltà dei celerini, quasi a volerci far
empatizzare  con loro. Fanno quasi pena,
si.

Ma
cosa vuole sviluppare nei lettori? la sindrome di Stoccolma?

Pensandoci
bene mi sembra un’operazione editoriale che segue la moda dei tempi più che una
sincera inchiesta sul campo.

Il
libro tace su troppe verità. A partire dalla morte di Carlo Giuliani.

Cosa
ci vuole dire con questo rischioso romanzo, che mischia malamente finzione a
cronaca, l’autore ?

Boh….

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