Sulla strage fascista e razzista di Firenze

La strage fascista e razzista di Firenze compiuta da Gianluca Casseri, militante di Casa Pound, contro la comunità senegalese, uccidendo Samb Modou e Diop Mor e ferendo gravemente Moustapha Dieng, Sougou Mor,  e Mbenghe Cheike mi ha subito fatto venire alla mente una storia simile quando ho letto i chiari e netti tentativi di depistaggio portati avanti da Casa Pound e avallati da molti giornali e televisioni e radio e siti internet: la storia di Ciro Principessa.

Era il 19 aprile del 1979 quando Claudio Minetti, ex attivista di “Avanguardia Nazionale” e di “Europa e Civiltà” e frequentatore della sede del Msi di “Acca Larentia”, figlio dell’ex convivente di Stefano Delle Chiaie, segue due militanti del Pci, con in tasca “L’Unità”, sull’autobus 409 dalla stazione Termini fino al quartiere de La Certosa – Tor Pignattara ove si trovava una sezione del Pci che aveva all’interno una piccola biblioteca. Entrò e chiese un libro in prestito. Alla richiesta di esibire un documento di identità Claudio Minetti oppose il suo rifiuto e rubò un libro da un tavolo scappando poi per la strada. Inseguito da due iscritti della sezione, il neofascista si voltò di scatto ferendo all’addome con un coltello Ciro Principessa, 23 anni, militante del Pci. Ciro morì il giorno successivo in ospedale
Claudio Minetti fu arrestato poco dopo dalla polizia dentro un bar dove si era rifugiato.

Ma la cosa incredibile fu che “Il Secolo D’Italia” fin dal giorno dopo iniziò il suo lavoro di depistaggio, parlando del delitto di un folle, di uno squilibrato che aveva senza motivo e senza premeditazione ucciso un giovane comunista. Una campagna che il giornale fascista più venduto dell’epoca portò avanti per alcuni giorni, senza difendere politicamente il suo camerata anzi sconfessando la sua invece provata militanza neofascista e senza argomenti seri per smentire la tesi antifascista, peraltro ben dimostrata, dell’omicidio premeditato ai danni di un militante comunista.

Il giorno dopo, per quei pochi che avevano dubbi sull’autenticità dell’omicidio fascista, il “Movimento rivoluzionario popolare”, organizzazione di estrema destra, fece esplodere una bomba nella piazza del Campidoglio, che per puro caso non provocò ulteriori morti, chiedendo la liberazione del “Camerata Minetti”.

La storia si ripete, in forme differenti. Con la sola grande differenza che 32 anni fa il sentimento e la ragione antifascista erano ancora assai diffuse, e solo “Il Secolo D’Italia”, isolato fra i principali quotidiani, cercò di sconfessare l’omicida e si inalberò poiché contro la destra era stata promossa una “vergognosa e speculatoria campagna di regime”, oggi il depistaggio attuato da Casa Pound che, fra l’altro, schifosamente abbandona il suo caduto in barba a tutte le cazzate sull’onore che sbrodolano di continuo, purtroppo trova tanti appoggi: da Lucia Annunziata a Matteo Renzi fino al Prefetto di Firenze a tutti quei Media che hanno parlato di strage della follia e non di strage fascista e razzista.

La memoria è un ingranaggio collettivo

Marco Capoccetti Boccia

 

Fonti utilizzate:

1)http://www.reti-invisibili.net/ciroprincipessa/

2)«Paese Sera», del 20, 21 e 25/04/1979.

«Il Tempo», del 20, 21 e 25/04/1979.

«Il Messaggero», del 20, 21 e 25/04/1979.

«l’Unità», del 20, 21 e 25/04/1979.

«Il Corriere della Sera», del 20, 21 e 25/04/1979.

“Il Secolo D’Italia”, del 20, 21, 22 e 25/04/1979

“Il Manifesto”, del 20, 21, 22 e 25/04/1979

3) “Valerio Verbano. Una ferita ancora aperta” di Marco Capoccetti Boccia, Castelvecchi Editore, Roma 2011

 

 

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