Recensione del racconto “Ultras” – tratto da “Non dimenticare la rabbia”, Agenzia X

Confesso che la definizione data al protagonista in una recensione
del libro ‘Non dimenticare la rabbia’, indicato come eroe romantico
della sconfitta mi è assai piaciuta.
Nonostante il pensiero romantico non appartenga proprio all’idea di
sinistra e, nonostante che, l’antagonismo sociale faccia a meno
volentieri di eroi necessitando, invece, di soggetti sociali che
lottano ed esprimono i loro bisogni. E, nonostante che, di sconfitta e
sconfitti si sia parlato fino alla nausea negli ultimi decenni,
talvolta quasi compiacendosene.
Tuttavia, i personaggi che figurano in queste storie di strada, siano
essi ultrà o ultras, militanti politici o semplici e arrabbiati ragazzi
di periferia, paiono, nell’attuale situazione sociale come soggetti
definitivamente sconfitti. Sconfitti da una società che reclama sempre
più ordine e disciplina, che respinge i devianti di ogni tipo, che li
emargina, che li confina, comunque, nel ruolo di teppisti e sbandati.
Nella prima parte del libro troviamo il racconto puntuale e
particolareggiato di una trasferta di ultras sul finire degli anni 80.
Una trasferta a Milano, esattamente di ultrà romanisti. Erano trascorsi
soltanto pochi mesi da quel tragico Milan Roma, prima del quale trovò
la morte il povero Antonio De Falchi un ragazzo di 17 anni massacrato
fuori dallo stadio da alcuni supporters milanisti e deceduto quindi,
come da autopsia, per arresto cardiaco.
Mentre la giustizia faceva affannosamente il suo corso con la condanna
di uno solo dei tre imputati a sette anni per omicidio
preterintenzionale, negli ambienti del tifo estremo romanista si
preparava il grande giorno, quello della vendetta. Il giorno nel quale
il sangue di Antonio De Falchi sarebbe stato lavato con altro sangue,
quello, magari di un ultrà milanista.
Nel racconto dell’autore si avverte tutta la tensione di quel giorno.
Il treno dei tifosi, sporco e scomodo, una zona border line dove
contano soltanto i linguaggi e i codici della curva, quasi una zona
franca. Nello stesso tempo, un luogo dove tanti ragazzi sono ammassati
e trattati come bestie o come deportati. Con l’inevitabile conseguenza
che gli stessi finiscono per introiettare questo misero ruolo, quasi
per compiacersene. Ci trattate come bestie, e noi ci comporteremo
peggio delle bestie. Quasi un alibi sociale a qualsiasi e futura
scelleratezza.
L’arrivo alla stazione di Milano che il protagonista riesce comunque a
osservare con gli occhi incantati di un ragazzino che si allontana, in
una delle sue prime volte, dalla sua casa e dalla sua città indulge
quasi alla tenerezza. Con la meraviglia di guardare qualcosa che non si
conosce ancora, che sorprende, che stupisce. Nonostante la rabbia
maturata e prodotta dentro, nonostante la corazza da incorruttibile
guerriero ultras faticosamente costruita, nonostante sappia, in cuor
suo, di aver intrapreso quel lungo viaggio non con lo spirito di un
normale gitante, ma con la tempra di chi deve assolvere una missione.
E nel seguito del racconto emerge uno straordinario affresco di quel
mondo così a lungo e, in modo impreciso e infruttuoso, narrato da
giornalisti, sociologi e opinionisti di ogni risma. Con i suoi codici,
i suoi linguaggi, con la sua rudezza. Con la rabbia dei giovani attori
e con la loro voglia di protagonismo prodotti aspri di un’alienazione
metropolitana foriera, in questo caso, di forme di semplice e astratto
ribellismo sociale.
Nel racconto emergono i contrasti tra i gruppi della curva e si
evidenziano, per i più attenti alle vicende delle curve stesse, i semi
di quelle trasformazioni che matureranno poi negli anni. Con i giovani
ultras che mettono in discussione l’autorità e i valori dei loro capi,
dei più vecchi. E, di fronte alla repressione poliziesca che negli
stadi si fa già da quegli anni più forte e organizzata, escogitano
nuove forme per trovare comunque lo scontro con il nemico di turno.
Nemico che individuano sempre più, proprio in quelle forze dell’ordine
che, all’alba della storia degli scontri da stadio, svolgevano soltanto
un ruolo neutro, quasi da arbitro fra i diversi contendenti. E che,
invece ora, si trovano al centro della scena.
Cominciano a farsi largo anche nella curva romanista, tradizionalmente
popolare e di sinistra, modelli e riferimenti sociali che faranno da
apripista a quell’egemonia della destra che si affermerà
prepotentemente a partire dagli anni 90. L’odio viscerale nei confronti
dei cosiddetti ‘cani sciolti’, soggetti che rifiutano qualsiasi
appartenenza di gruppo, in fondo dei poveri e indifesi anarchici della
curva, esprime nei nascenti soggetti e nelle nuove firm che si
affermano le parole forti della destra estrema; ordine, disciplina,
gerarchia da ostentare nei comportamenti così come nei costumi sempre
più lontani da quelli del tradizionale tifoso delle squadre del centro
sud, sempre pronto ad ostentare anche sguaiatamente la sua fede
calcistica, e più vicino a quelle delle bande dei supporters
d’oltremanica. Senza sciarpe identificative, con un abbigliamento pieno
zeppo di capi firmati.
In questo, come in altre storie, l’eroe torna a casa sconfitto.
Consapevole di aver comunque fatto per intero il proprio dovere, ma
sconfitto. Nessun ultras milanista è rimasto sul campo di battaglia.
Antonio De Falchi non è stato vendicato.
 
Di Renato Berretta

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Sit in presso il tribunale di piazzale Clodio

LIBERTA’ TOTALE PER I COMPAGNI E LA COMPAGNA DI MAGLIANA!
LIBERTA’ PER CHI LOTTA!

Ormai
da due mesi quattro compagni e una compagna di Magliana sono stati
arrestati con accuse false e infamanti e tuttora restano, per loro,
forme di custodia cautelare restrittive della libertà personale.
La
vicenda della 8 Marzo Occupata, che il 14 settembre scorso ha visto il
momento più eclatante dell’arroganza e del sopruso di giudici,
carabinieri e politici fascisti, non si è ancora chiusa.
Questa
storia cade non a caso in un momento in cui, per chi in Italia pratica
percorsi organizzativi delle lotte sociali, il clima è divenuto
pesante.
Ne sono un esempio i processi sugli eventi del G8 di
Genova del 2001 che hanno visto pesanti condanne ai manifestanti e
assoluzioni per chi ha gestito una repressione feroce. Come anche i
casi che vedono compagni e compagne arrestati/e o colpiti/e da
provvedimenti amministrativi fascisti della Questura, come il
famigerato articolo 1, secondo il quale si può essere considerati
sorvegliati speciali e dunque essere costretti a limitazioni assurde
come l’obbligo di dimora nella stessa casa dalle 21 alle 7 o
l’impossibilità di accompagnarsi con più di tre persone
contemporaneamente. Infine, come non citare il gravissimo episodio di
violenza padronale consumato all’Agile –ex Eutelia- azienda, condotta
al fallimento, dove quasi 2000 lavoratrici/ori dopo essere stati messi
in mobilità sono stati anche aggrediti da una squadraccia prezzolata
guidata dall’ex amministratore Landi durante un presidio nel loro posto
di lavoro.
Avvenimenti molto diversi tra loro ma che hanno in comune la repressione di forme di lotta sociale.
La
crisi economica, al di la delle dichiarazioni dell’establishment, sta
producendo un numero enorme di licenziamenti e cassaintegrati il che,
unito ai continui tagli ai servizi (scuola, università, sanità), sta
creando un impoverimento di vasti settori della popolazione italiana.
In questa situazione sono già emerse, durante l’estate e l’autunno
forme di resistenza e conflittualità sociale. Ovviamente questo di per
se non compromette la pace sociale necessaria a far uscire i padroni
indenni dalla crisi, ma ha una potenzialità che in qualche modo
disturba e preoccupa. In questo senso ci spieghiamo anche diversi
provvedimenti legislativi assunti dal centrodestra in questi ultimi
tempi: dalle limitazioni al diritto di sciopero, al tentativo di
limitare le manifestazioni a Roma, fino al pacchetto sicurezza.
In
questa situazione il movimento di lotta per la casa, a Roma, pur nei
limiti e nelle difficoltà, riesce ancora a prendere l’iniziativa.
Questo fa sì che un etereo spettro di organizzazioni delle lotte
sociali si aggiri per l’urbe e dunque tanto basta affinché la giunta
Alemanno gli dichiari guerra. Dichiarazione avvenuta il primo settembre
con lo sgombero dell’ex Regina Elena, seguito poi dallo sgombero di Via
Salaria e dal tentato sgombero della 8 Marzo durante il quale sono
stati tratti in arresto Francesca, Giobbo, Simone, Sandro e Sandrone.
Certo
è una guerra condotta facendo due passi avanti e uno indietro ma
indubbiamente non amano pensare che Roma sia una delle ultime città
d’Europa dove ancora vengono occupati stabili abbandonati. Di per se
questo non è sufficiente a muovere una guerra nel nome della legalità;
evidentemente la spinta propulsiva a questa offensiva la fornisce chi
ha degli interessi concreti, materiali ed immediati legati agli stabili
occupati e alle zone circostanti. Nel caso dell’ex Regina Elena ciò è
evidente dalle dichiarazioni del Rettore e dallo stato avanzato dei
progetti (nonostante lo stop della sovrintendenza ai beni culturali).
Nel caso dell’ex scuola 8 marzo queste motivazioni sembrano, se non
meno chiare, almeno meno urgenti. Quello che è noto è che da poco è
stato rinominato lo staff dirigenziale dell’ex Sviluppo Italia che ha
sempre avuto interessi speculativi sull’immobile di via dell’Impruneta
51. Tra i nuovi dirigenti risulta esserci nientemeno che Caltagirone.
Il loro progetto, ancora in una fase iniziale, è di demolire lo stabile
e di costruire al suo posto e sul giardino antistante un enorme
parcheggio giustificato dal nuovo collegamento, in via di discussione,
di una funivia che colleghi le due sponde del Tevere. Questo progetto
uscito fuori dal cilindro di Veltroni già più di due anni fa (e allora
aspramente criticato da Alemanno e dalla destra) ha riscosso e riscuote
tuttora i consensi del Partito Democratico
ed ora sembra essere
rilanciato in sordina dal centrodestra romano. Del resto la torta è
abbastanza grande da poter garantire una fetta a tutti. Sembra chiaro
che in un periodo di crisi in cui il mercato immobiliare subisce una
(leggera) flessione, i signori del mattone devono cercare altri
investimenti per far tornare i conti dei loro profitti e quale
occasione migliore se non quella di una speculazione su un bene
pubblico come una ex scuola del Comune? O come quella sulla ex Fiera di
Roma? O come il nuovo stadio della A.S. Roma con annessi palazzi
residenziali e centro commerciale da costruire su terreni a
destinazione agricola ancora una volta in deroga al già vergognoso
Piano Regolatore? E’ chiaro che quelle forze politiche che sono al
governo della città e quelle che sperano di tornarci fanno a gara per
cercare il consenso dei palazzinari, veri padroni di Roma. In tutto
questo si muovono le faide interne allo schieramento di centro destra
per far acquisire consenso e porzioni aggiuntive di potere all’una o
all’altra cordata. Faide che producono episodi oscuri come quello
legato ai ricatti all’ex governatore della Regione Lazio Marrazzo,
episodio dietro il quale guarda caso c’è il Generale dell’arma dei
Carabinieri Vittorio Tomasone, lo stesso che ha guidato il tentativo di
sgombero e gli arresti del 14 settembre scorso a Magliana.
Questi
sono, a nostro avviso, alcuni degli elementi che concorrono a far luce
sul perché alcuni compagni e una compagna accusati di niente vengono
privati della loro libertà per mesi.
A questo punto forse, come
compagni e compagne, cominciamo a non sentirci più tanto innocenti.
Forse una parte di responsabilità ce l’abbiamo, riconoscibile quanto
meno nella volontà di portare avanti nel concreto non solo
un’opposizione strenua e costante nei confronti di questo modello di
città, ma anche nella costruzione di un’alternativa fatta di
solidarietà, autorganizzazione, riappropriazione e redistribuzione.
Gli
interessi padronali sono ben difesi da uno schieramento classista
compattato che coinvolge oltre ai padroni, politici, forze dell’ordine,
magistrati e giornalisti. Sta a noi contrapporre, a questi, altri
interessi basati su valori diversi da quelli del profitto, della
sopraffazione e dell’egoismo sociale. Sta a noi costruire l’opposizione
a licenziamenti, sfratti e arresti ai danni di chi non vuole cedere!

DIFFONDIAMO LE LOTTE SOCIALI!
DIFENDIAMO CHI LE PRATICA!

MERCOLEDI 18 NOVEMBRE ORE 9.00 PRESIDIO SOTTO IL TRIBUNALE
a Piazzale Clodio in occasione dell’udienza del Tribunale del Riesame per Michele, uno dei compagni della 8 Marzo Occupata ancora sottoposto a misure cautelari

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Non dimenticare la rabbia

Non dimenticare la rabbia

Storie di stadio strada piazza

di Marco Capoccetti Boccia


Sciarpe
nascoste, passo veloce, cinte alle mani. Nessuno di noi ha più di
vent’anni, di cui almeno due passati a fare scontri, allo stadio e
nelle strade. Siamo i migliori della nostra generazione. Non accettiamo
compromessi con nessuno. Né con la società, né con i capotifosi ormai
omologati. Siamo noi il futuro della curva.

Narrate come una mitologia segreta, gridate dalla voce di un ultrà,
scandite come slogan di un corteo, queste pagine raccontano senza
filtri storie furibonde, fissate dall’urgenza del vissuto, con il
linguaggio ruvido della strada: scontri durissimi, utopie resistenti,
ferite ancora aperte e amori randagi.
Il protagonista, caparbio eroe romantico della sconfitta, combatte
corpo a corpo per difendere i suoi ideali dal conformismo dilagante e
dall’intolleranza virulenta che minaccia il mondo che più ama: lo
stadio, le periferie, le roccaforti dei ribelli.
Un romanzo a finestre ricco d’azione e suspense, che spazia tra il
centro di Roma preso d’assalto, una Milano livida come una trappola
mortale, una trasferta in una Belfast in fiamme.

Marco Capoccetti Boccia è nato a Roma, dove vive e lavora. Non dimenticare la rabbia è il suo primo libro.

pp. 144

In libreria dal 19 novembre 2009

www.agenziax.it

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APPELLO AGLI INTELLETTUALI, ALLA SOCIETA’ CIVILE, AI GIORNALISTI LIBERI…

Il
14 settembre scorso nel quartiere Magliana, a Roma, si è consumato il
tentativo di sgomberare l’occupazione a scopo abitativo dell’ex-scuola
Otto Marzo. Nonostante il consistente spiegamento delle forze
dell’ordine (circa 200 carabinieri guidati dal comandante provinciale
dell’Arma) l’operazione non è riuscita. A fermarla è bastata la
resistenza pacifica ma determinata delle 40 famiglie che abitano
nell’ex edificio scolastico. Constatato l’insuccesso, i carabinieri
hanno tratto in arresto alcuni occupanti: 5 lavoratori precari che non
potendosi permettere un affitto a prezzi “romani” hanno avuto il merito
di non rassegnarsi a sopravvivere ma di lottare insieme ad altri,
spinti dalla necessità materiale di avere una casa e dal desiderio di
un diverso abitare. È così che in 2 anni di occupazione gli arrestati
insieme ad altri nuclei familiari hanno recuperato uno spazio pubblico
abbandonato al degrado restituendolo all’intero quartiere: oggi l’ampio
giardino della ex- scuola è uno dei pochi spazi verdi di Magliana,  mentre
le sue mura ospitano una scuola di teatro e una palestra popolare
tirata su con le fatiche degli occupanti. Un auto-recupero che
evidentemente nella capitale fa paura a molti: Roma vive, in effetti,
da anni una condizione di emergenza abitativa, nonostante gli
appartamenti sfitti sfiorino le 200.000 unità. Una città paradossale:
la popolazione non cresce da circa vent’anni ma si continua a costruire
senza sosta, mentre il bisogno di casa ha fatto sorgere diverse
occupazioni, a scopo abitativo, di stabili pubblici abbandonati. 


 

Dopo
la sentenza del riesame, che ha avuto luogo il 29 settembre scorso, 3
dei 5 arrestati sono ora agli domiciliari, uno di loro invece ha
l’obbligo di firma quotidiana presso il commissariato di P.S., mentre
il quinto è stato liberato dopo 10 giorni di detenzione. Per un sesto
occupante, che si trova all’estero per motivi di lavoro, pende una
richiesta di arresto presso il proprio domicilio.

Le
accuse a loro carico sono state formulate da un unico testimone: un
ex-occupante allontanato dallo stabile perché violento e sessista, che
oggi li accusa di estorsione, violenza privata, nonché di furto di rame
e di corrente elettrica. In particolare quest’uomo, sostiene che i sei
avrebbero preteso in cambio della permanenza nello stabile un “pizzo”
di 150 euro mensili per ogni singolo abitante (compresi i minori). Non
è stato ancora possibile per gli avvocati della difesa ascoltare
quest’individuo, né far testimoniare gli altri abitanti della “8 Marzo”
che scagionerebbero gli accusati. Così prima che il riesame deliberasse
la scarcerazione, il Gip ha confermato gli arresti a scopo cautelare
benché non esistesse alcun pericolo di fuga e nonostante l’impianto
accusatorio sia a dir poco fantasioso: com’è possibile, per esempio,
che famiglie numerose come alcune di quelle della “8 marzo” possano
pagare una cifra che complessivamente supererebbe quella di un affitto?
Com’è possibile non tener conto dell’incompatibilità dell’accusa di
estorsione con lo stile di vita e i movimenti di denaro, ampiamente
documentati dalla difesa, di 6 precari squattrinati?

Per
quanto riguarda poi il presunto furto di rame, l’accusa sostiene che
gli arrestati avrebbero sventrato l’intero palazzo per ricavarne il
prezioso materiale dall’impianto elettrico il quale però oggi risulta
perfettamente funzionante; ma, nel caso fosse reale tale assurda
imputazione, come sarebbe possibile accusarli anche di furto di
elettricità? Delle due l’una.

Per
quanto riguarda il furto di elettricità bisogna inoltre ricordare che
gli occupanti hanno fatto, più volte, richiesta di regolare allaccio
per poter pagare la corrente di cui usufruiscono. Tale regolarizzazione
non gli è stata però mai accordata.

A
rimarcare l’infondatezza delle accuse si aggiungono le numerose
attestazioni di solidarietà che i 6 hanno ricevuto da tutti i movimenti
di lotta per la casa, dai movimenti studenteschi e universitari, da
numerosi centri sociali e associazioni socio-culturali della città che
hanno organizzato varie iniziative politiche in loro sostegno.

  

Per
quanto concerne le vicende personali dei 6 occupanti accusati è
necessario evidenziare che uno di loro è in gravi condizioni di salute
e attende da tempo un intervento molto delicato. Nel corso dei 16
giorni di detenzione gli è stata nei fatti negata la possibilità di una
visita specialistica da parte di un chirurgo oncologo.

Siamo
sgomenti di fronte a una tale sospensione dei diritti civili nel nostro
paese e chiediamo pertanto la fine di qualsiasi restrizione alla
libertà di tutti loro. Allo stesso tempo però, al di là delle decisioni
del Gip e del tribunale del riesame, non possiamo dirci sorpresi
dall’intera vicenda.

Con
questo appello vogliamo, difatti, portare all’attenzione generale
eventi che altrimenti rimarrebbero rubricati nella cronaca locale, per
riannodarli in un discorso politico più ampio che riguarda tanto il
disastro urbanistico della città di Roma quanto le ingiustizie sociali
che si consumano nel paese in cui viviamo. 


 

La
campagna d’autunno di Alemanno è cominciata, per chi non se ne fosse
accorto, il primo settembre scorso con lo sgombero dell’ex ospedale
Regina Elena. L’edificio di proprietà dell’università (anch’esso
abbandonato al degrado da diversi anni) in cui dal 2007 avevano trovato
una sistemazione circa 300 nuclei familiari. Ciò che è accaduto il 14
settembre, primo giorno di scuola, a Magliana non è che la prosecuzione
di tale campagna. Per i circa 30 bambini che vivono nella Otto Marzo
l’anno scolastico è così iniziato sul tetto dello stabile che li ospita
insieme alle loro famiglie. Tema dell’insolita lezione, il diritto
all’abitare. Il metodo d’insegnamento seguito, invece, è lo stesso
degli operai della Insse. All’alba, bambini e genitori sono stati
infatti costretti a rifugiarsi sul tetto dell’edificio in cui vivono
per difendersi dall’operazione di sgombero.

Nelle
ore successive al blitz, il sindaco Gianni Alemanno ha fatto
riferimento, commentando l’operazione, all’esistenza di un “vero e
proprio racket delle occupazioni”, del quale sarebbero vittime “persone
costrette a pagare un affitto e a partecipare a manifestazioni” e altre
addirittura “aggredite e malmenate perché non pagavano questi veri e
propri pizzi”. Una tesi, quella sottoscritta dal primo cittadino
capitolino, che fa eco a quanto più volte sostenuto dal presidente
della Commissione Sicurezza del Comune, Fabrizio Santori. Il quale, del
resto, nei giorni scorsi aveva avuto modo di lanciare i suoi strali
contro il blog del comitato d’occupazione della “Otto Marzo”,
definendolo “un canale d’informazione deviato”.

In
effetti, la libertà d’informazione sembra essere l’altro nodo della
questione esplosa a Magliana. “Ma nun c’avete ‘na famija pure voi?”,
gridava un occupante a un carabiniere prima che salisse la tensione.
“Io sono come un muratore”, rispondeva l’altro “se il costruttore mi
dice che devo fare una casa a forma di piramide, io la faccio”. Mai
paragone fu più calzante: sono difatti Il Messaggero e Il Tempo,
quotidiani dei costruttori Caltagirone e Bonifaci, ad aver dato
risonanza negli ultimi giorni alla campagna dei “si dice” e dei “pare
che” contro l’occupazione. Senza che i giornalisti di queste testate
siano mai venuti a fare un’inchiesta nell’occupazione di questo
quartiere già preda decenni addietro del famigerato sacco di Roma. Gli
unici giornalisti main stream a essere venuti nell’ex scuola a fare domande e riprese erano stati quelli di Report, (Il Male Comune, puntata del 31 maggio 2009). Milena Gabanelli aveva
spiegato cosa significasse l’auto-recupero della “Otto Marzo” per le
famiglie di Magliana, inserendo quest’occupazione nella più generale
situazione abitativa e urbanistica romana (questa sì, veramente
preoccupante).

Quest’autunno
la trasmissione di Rai Tre sembra abbia avuto non pochi problemi a
ripartire. Proprio per il giorno degli arresti il comitato
d’occupazione aveva indetto una conferenza stampa per prendersi il
diritto di replica alla campagna diffamatoria del Messaggero e del Tempo. Qualche muratore ha però costruito una piramide di troppo che ha costretto gli occupanti a ridiscutere la loro agenda.

La
vicenda di Magliana e gli arresti dei 6 precari, spingono dunque a una
riflessione più ampia sul concetto di libertà di stampa.

Chi
oggi ritiene che la profonda crisi democratica che pervade il paese
riguardi esclusivamente la programmazione dei palinsesti Rai è
destinato a rimanere minoritario.  Continuerà, cioè, a
restare ostaggio di un populismo che ha gioco facile nell’alimentare
l’idea che esista un’élite intellettuale e politica ossessionata a tal
punto dalla persona del premier da arrivare a preoccuparsi di quanto
accade sotto le sue lenzuola. Le preoccupazioni, destate da quello che
si presenta come l’esito più recente di una crisi democratica dalle
profonde radici storiche, niente hanno a che vedere con la ripugnanza
estetica suscitata dal cattivo gusto di Berlusconi. Se questo è vero,
va in egual modo evidenziato che l’inquietudine avvertita da molti non
può limitarsi al feroce attacco subito in questi giorni da alcuni
quotidiani nazionali, quali La Repubblica e L’Unità.
Lo stretto controllo che il potere esercita sulla propria
rappresentazione è in effetti fortemente connesso a ciò che si iscrive
sulla pelle e nel quotidiano delle persone. Appare evidente, in tal
senso, che vi è da tempo un tentativo di far sembrare naturali e
ineluttabili processi economico -sociali che invece appartengono alla
dimensione dell’agire politico. L’intento è  cioè quello
di ridurre questioni collettive come il disagio abitativo, la
precarietà e la riduzione del potere d’acquisto degli stipendi,  a
problemi che riguardano il singolo e il suo personale fallimento
sociale. Implicazione non trascurabile di questo discorso, ormai
egemone, è che coloro che tentano di organizzare nei territori lotte su
tali temi sono non solo generici “farabutti”, ma addirittura criminali
che attentano all’ordine e alla sicurezza pubblica.

           


Invitiamo perciò a sottoscrivere questo appello tramite il quale si
chiede che i 5 occupanti vengano immediatamente liberati poiché i fatti
contestati non sussistono, che le accuse, assurde ed infamanti, vengano
ritirate e pubblicamente smentite e, in ultimo, che si faccia piena
chiarezza su quella che è una lotta per il diritto all’abitare che non
può, e non deve, essere ricostruita come una questione di malavita.


 


Per aderire a questo appello mandate una e mail con nome, cognome e professione,  all’indirizzo: occupa@inventati.org


 


Comitato di Occupazione Magliana


CSOA Macchia Rossa


 


 


 


 

Ciclofficina
Magliana, Coordinamento cittadino di lotta per la casa, B.P.M.- Blocchi
Precari Metropolitani, Asia- R.D.B. ,Action, L.O.A. Acrobax Project,
Volturno-Occupato, Horus Liberato, C.S.O.A. Corto circuito, C.S.O.A.
Spartaco, C.S.O.A. La strada, C.S.O.A. Sans Papier, Spazio Sociale 32,
Militant, Atelier ESC, Point Break, Strike S.P.A., Casa Occupata
Portonaccio, Senza Tregua, All Reds Rugby Roma, Spazio Sociale Ex 51,
Laboratorio Sociale “La Talpa”, USI-A.I.T. ,C.S.O.A. EX Snia,
Associazione Yakaar Italia Senegal, Circolo di Rifondazione comunista
"Primo Maggio" Corviale, CST Decolliamo, L38SQUAT, Comunisti-sinistra
popolare, La rete dei comunisti (Roma), Federazione romana del PRC,
Luna e le altre, Collettivo "l’Officina" di Ostia, Coordinamento dei
Collettivi – Sapienza, Collettivo di Fisica – Sapienza, CSOA Forte
Prenestino, Assemblea Coordinata e Continuativa Contro la Precarietà,
Sportello Casa Primavalle e Spazio Antagonista Primavalle, Co.M.Uni.A.
(cospirazione metropolitana per l’università autogestita) della
Sapienza, Comitato di lotta per la casa di Livorno, Lab6b Economia
(Sapienza), Kollatino underground, Comitato di quartiere Pigneto
Prenestino, Cantiere Sociale Tiburtino, Collettivo Giovanile Tifiamo
Rivolta, Assemblea permanente di Fisica – La Sapienza, Confederazione
COBAS – Roma, Sinistra e Libertà XV Municipio,Centro
Donna L.I.S.A., Ciclofficina exLavaderia, A.R.C.A. associazione romana
casa e ambiente, Radio Onda Rossa, Collettivo Antagonista K4R del Liceo
Classico Anco Marzio, Martedi autogestito da femministe e
lesbiche-Radio Onda Rossa, Le Ribellule,Coordinamento donne contro il
razzismo, Laboratorio Sociale Autogestito 100celle, Agenzia X, Sinistra
e Libertà I° Municipio, Radio Città Aperta, Mithra (collettivo musicale
romano),  Palestra Popolare Valerio Verbano, Astra 19 Spa, Associazione
interculturale Villaggio Globale, Collettivo "tutti potenziali
bersagli", C.S.O. Ricomincio dal Faro, Collettivo Comunista Romano,
Associazione Marxista Unità Comunista, Associazione Artemide, 

Adesioni individuali:

Marco Capoccetti Boccia (scrittore e storico),Silvia Cristofori (dottoranda Università Sapienza di Roma),Marco
Zerbino (redattore delle Edizioni Borla),Emilio Carnevali (giornalista
di MicroMega),Sabrina Marchetti (dottoranda Università di Utrecht),
Barbara
Romagnoli (giornalista), Alessandra Di Pietro, (giornalista), Michele
de Trucco (montatore e documentarista), Laetizia Ceccarini (precaria e
madre single),Chiara Ortolani (ingegnera e urbanista), Renato Berretta,
Sonia Lippi, Rosanna Spinazzola, Marco Staiano, Massimo Attias,
Emanuela Marrocco, Stefano Felicioni, Andrea Scarabelli (scrittore),
Oreste Toppi, Maria Emilia Sbarigia, Valentina Sfrizzichini, Giovanni
Ciccarone, Nino Lisi (pubblicista), Maria Teresa Bartolucci
(funzionaria pubblica in pensione), Francesco Sinni (fotografo),
Giuseppe Di Noto, Danilo Corradi (Sinistra Critica), Luigi Lorusso
(editore), Anna Rotoni (traduttrice), Francesca Ferrari, Carlo
Ambrosoli, Massimo Reggio ( movimento di base dei dipendenti del comune
di Roma), Paolo Berdini (urbanista), Tommaso della Seta, Emanuela
Baliva, Fabrizio Frassanito, Giulia Giovanetti (archeologa), Luca
Leuzzi (ricercatore di Fisica), Carmen Rizzelli (psicoterapeuta),
Corrado Luciani, Checchino Antonini (giornalista di Liberazione), Mauro
Azzoli (batterista dei Q.V.P.), Vittorio Viviani, Fiorella Magrin,
Robertò Gagliardi (HellNation-commerciante), Riccardo Melito (piercer),
Damiano Costantini(disoccupato), Giulia Dinallo (studentessa), Flavia
Giovannini (impiegata), Maria Luisa Chiavari, Giacomo Russo Spena
(giornalista), Fabrizio Ameli (ricercatore di Fisica), Ilaria Di Vito
(insegnante precaria), Vincenza Perilli (ricercatrice precaria),
Barbara Romagnoli, Livia Cimini, Moreno De Sanctis
(insegnante/giardiniere), Alessandra
Pusceddu ( giornalista pubblicista), Giovanni Pusceddu (pensionato),
Alma Pinna (pensionata), Maria Laurino (pensionata), Maria Paola
Clarini (insegnante), Grazia Valenzano (antropologa), Ettore
Zerbino, Arianna Pulcini (docente precaria), Valeria Frisolone, S
ergio
Falcone (impiegato e scrittore), Manolo Luppichini (documentarista
indipendente), Mariana Parzeu, Giancarlo Castelli (giornalista agenzia
di stampa), Robertino Barbieri (maestro elementare), Marco Philopat
(scrittore-editore),Roberto Corsi (produttore musicale), Edoardo
Cicchetti (documentarista indipendente),
Laura
Di Palma (insegnante in pensione), Stefano Bottioni (attivista campagna
AIP – Attacca l’Industria della Pelliccia),Giovanna Thiery(casalinga),
Giovanni Gandolfi (operaio), Ettore Zerbino (Medico), Renata Ilari
(insegnante), Maria Cristina Zerbino (insegnante), Paola Zerbino
(insegnate), Camilla Pistacchi (fotografa), Paolo Bedetti (guardia
parco), Teresa Marabos (operaia), Matteo D’Amicis (musicista), 
Giovanna
Thiery (casalinga), Giovanni Gandolfi ( Operaio Bologna), Renata Ilari
(insegnante), Maria Cristina Zerbino, Paola Zerbino, Celeste Chiesa
(storica), Andrea Clemenzi, diego De Gasperis (Ingegnere), Roberto
Sette (operaio), Massimiliano Ortu (vice presidente del consiglio del
municipio Roma XVI), Claudia Vasintoni (assistente amministrativa),
Claudia Cimini, Maria Grazia Focolini, Daniele Nalbone (giornalista),
Vincenzo Pugliano (operatore tiflodidattico),

Posted in Territori Occidentali. Edizioni "Oppure" Roma, 1999 | Comments Off on APPELLO AGLI INTELLETTUALI, ALLA SOCIETA’ CIVILE, AI GIORNALISTI LIBERI…

Boicottiamo i G8: lasciamoli soli!

In questi giorni numerosi attivisti, militanti, gruppi e collettivi
politici e sociali e culturali stanno promuovendo diverse
manifestazioni contro i vari G8 che i Signori del Mondo stanno
promuovendo nelle nostre città in vista del prossimo grande G8 di
Luglio a L’Aquila.

Come tante persone, di diverse estrazioni sociali, di diverse
formazioni politiche e culturali, spesso davvero assi diverse!, ho
partecipato negli ultimi dieci anni a tante e tante scadenze "imposte"
dall’alto: Manifestazioni contro i vari G8 politici, dell’economia, i
vari G7, i G20, i summit mondiale sulla fame, sull’ambiente,
sull’architettura, sui costumi da bagno e chi più ne ha più ne metta…
Il più famoso, anzi famigerato fu il G8 i Genova 2001, che andò come tutti e tutte sanno.
Ricordo bene quando quello sconsiderato di Luca Casarini, in un momento
di irresponsabilità totale, nel maggio del 2001 dichiarò guerra ai
grandi della Terra. Una cosa che ascoltai alla Tv rabbrividendo! Ancora
oggi mi chiedo se si può essere così idioti da dichiarare Guerra a chi
la Guerra la sa fare e la fa davvero. Boh…

Allora ero un militante del Centro sociale Macchia Rossa
Magliana,che faceva parte, seppur con mille dubbi e critiche, del più
vasto Network Antagonista, una rete di centri sociali, sindacati di
base, collettivi studenteschi, assolutamente inutile e deleteria che
nacque e morì nel giro di pochi mesi, come mille altre esperienze
organizzative della sinistra di movimento.
Mi ricordo bene quando alcuni gruppi, anarchici, pacifisti non
violenti, ecologisti radicali, molto intelligentemente invitarono a non
andare a Genova, a lasciarli soli a questi cosiddetti Grandi, a non
cadere nella trappola che ci stavano preparando.

Come degli idioti invece cademmo in quella trappola: a migliaia ci cademmo, e purtoppo Carlo ci cadde definitivamente.
Dopo quel maledetto G8, i vari portavoce ( che pessima esperienza!),
capi e capetti del Movimento dei centri sociali, dei sindacati di base,
del mondo dell’associazionismo, delle Ong, e ovviamente dei partitini
della cosidetta sinistra radicale non riuscirono a fare nessuna
autocritica pubblica sugli enormi errori che ci portarono a cadere in
quella enorme trappola.
Anzi, ricordo bene come in tante e tante riunioni di chiarimento che si
tennero a Roma nei mesi successivi al G8 di Genova, molti di questi
capetti non si fecero vedere, forse spaventati dalle critiche dure che
molti militanti di base, fra cui il sottoscritto, gli mossero con
rabbia.

Personalmente oramai son convinto che questi G8 sono una manifestazione
mediatica utile solo a politici e imprenditori per affermare il loro
potere, il loro dover apparire per essere, ma che le vere decisioni si
tengono altrove, quotidianamente, e che è inutile contestarli in quel
giorno. Assolutamente inutile perché non cambieranno nulla di quello
che hanno già deciso in economia, in politica, in materia ambientale.

Questi G8 sono utili solo a polizia e carabinieri sicuramente, per
poter dimostrare che in Italia c’è ancora la "sovversione politico
sociale" e che quindi sono giusti i finanziamenti alle forze
dell’ordine, che sono necessari gli equipaggiamenti da Robocoop con cui
vanno in giro, che in fondo in fondo manganellate e lacrimogeni sono
ancora necessari…

Questi G8 sono utili però anche a quelle organizzazioni e
simil-organizzazioni che politica e lotta non ne fanno ma si muovono
solo sul terreno parlamentare e che in occasioni simili sono ancora
pronte a gettare fumo negli occhi delle persone che credono che
votandoli alla fin fine si cambierà qualcosina in meglio….

E sono anche utili a quei sindacati di base, centri sociali, collettivi
studenteschi che in difficoltà sul terreno del conflitto reale in
questi momenti di grandi (?) manifestazioni di piazza riescono a
ottenere visibilità politica e mediatica.
Ma alle tante persone che nel quotidiano, nel massimo rispetto delle
differenze, portano avanti conflitti, cambiamenti, rivoluzioni
personali, questi Contro G8 non servono a nulla! Se non a portare
"botte, denunce, arresti".
Per costoro, fra cui oggi come oggi ci si mette pure il sottoscritto,
sono delle trappole mediatiche e poliziesche che finiscono sempre e
solo male: la stampa ci dipinge come violenti teppisti impolitici, la
polizia ci massacra e la magistratura ci denuncia e ci arresta.
Ma allora che ci andiamo a fare?

Meglio, per chi lo fa, continuare a muoversi sul terreno
dell’autorganizzazione sociale, del conflitto culturale,
dell’autodeterminazione delle lotte, grandi o piccoli che siano.
Meglio la manifestazioni delle lavoratrici degli asili nido o quella
dei movimenti di lotta per la casa, o una qualsiasi festa del consumo
critico equo e solidale a mille manifestazioni anti G8!!

A mio modesto avviso bisogna essere autonomi e indipendenti dalle scadenze imposte dai Signori della Guerra e dell’Economia.
Ignoriamoli
non cadiamo nella loro trappola
continuiamo sulla nostra strada, o sulle nostra plurali strade.

Io cercherò di non andare più ai Contro G8 e invito le personi, attivisti e non, a non andarci.
A partire da quello del prossimo 28/30 maggio, che persone intelligenti
e sensibili che conosco personalmente da anni stanno organizzando,
sbagliando, a mio parere.
Sarà una trappola, fatta di maledette zone rosse ed energie sprecate malamente.
Fate gli scongiuri del caso, ma temo che polizia, carabinieri,
politici, e Pubblici ministeri vari non vedano l’ora che arrivi questo
G8…
per cui, almeno per una volta, sorprendiamoli… lasciamoli soli!

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BEAUTIFUL romanzo di Andrea Scarabelli edizioni No Reply

Il romanzo di Andrea è come un pugno allo stomaco. Ma di quelli ben assestati. Che ti lasciano indubbiamente senza fiato, per tanto tempo… al punto che non sai se riuscirai a respirare ancora.

Il romanzo intreccia diverse storie di ragazze giovanissime, adolescenti, assolutamente a favore dell’anoressia.

Nel senso che sono anoressiche consapevolmente, che cercano di elevare a stato di coscienza positivo,il loro autodistruggersi.

Perché cercano di sottrarsi alla vita muovendo decise verso il collasso.

E verso questo collasso che la scrittura pregevole perché diretta e non giudicante Andrea ci porta.

Un viaggio che lo scrittore ha fatto da osservatore esterno con rigore e intelligenza, e l’ha saputo narrare con maestria e sapienza che son davvero rare per un giovane scrittore di 25 anni…

Personalmente è un mondo che non conosco. Non ho amiche o amici anoressiche o anoressici.

Almeno che io sappia…

E’ per questo che il romanzo di Andrea mi ha lasciato sconcertato:perché mi ha aperto una finestra su un mondo devastato e devastante. E ora è difficile richiudere questa finestra. E’ difficile non pensare a quante ragazze si stiano letteralmente facendo a pezzi tramite una pratiche psicofisica potente quanto può esserlo quella di un asceta, o di un mistico.

Solo che loro la usano al contrario.

 

Vi straconsiglio di leggerlo. 

Senza ombra di dubbio.

 

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Valerio Verbano: Faldone ritrovato!

Oggi, martedì 10 marzo, sono andato in Tribunale e ho finalmente potuto accertarmi che il faldone è stato davvero ritrovato.
In realtà il faldone non è uno solo ma ben due. Tutta l’istruttoria del
Giudice D’Angelo sull’omicidio di Valerio Verbano, dal 1980 al 1989.
Dopo aver visionato per quasi due ore tutto il materiale ne ho
richiesta una copia integrale, che mi verrà data fra 10 giorni circa.
La segreteria della Presidenza del Tribunale mi ha riconfermato che il
faldone si trovava nell’archivio predisposto: quello del vecchio
Giudice Istruttore. Solo che non si trovava catalogato al suo posto,
ovvero nell’anno 1980, ma in un altro anno di cui non mi hanno
voluto/saputo dire nulla di più.
Esaminando le carte ho trovato una conferma a quello che il
sottoscritto, Carla Verbano, amici e amiche di Valerio temevamo: il
"Dossier NAR", redatto da Verbano alla fine degli anni ’70 sulle
attività criminali della estrema destra romana non si trova nel faldone!
Perché mai?!
Eppure il Giudice D’Angelo ne acquisì copia dalla Digos di Roma pochi giorni dopo l’assassinio di Verbano.
Quel dossier, che fu sequestrato dalla Digos durante la perquisizione
presso l’abitazione di Valerio, effettuata dopo il suo arresto, il 20
aprile 1979, contiene, secondo Carla Verbano e i militanti dei
collettivi che frequentava Verbano 30 anni fa, il movente per cui fu
assassinato.
Che fine ha fatto?
Non si trova in questo faldone, né dentro il fascicolo processuale relativo all’arresto di Verbano.
Non si trova nemmeno presso l’ufficio corpi di reato del Tribunale.
Ne ho chiesto notizia all’ufficio centrale della Digos di Roma e aspetto una risposta da tre mesi…

Dov’è?

grazie della vostra attenzione

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Il Fuggiasco

"Il fuggiasco" di Massimo Carlotto edizioni E/O


Un bel romanzo
autobiografico, il cui valore risiede più nella storia politico
giudiziaria vissuta da Carlotto che nell’aspetto creativo e letterario
dell’opera.
Comunque sia l’ironia e la sottigliezza della narrativa futura dell’autore già si intravedono bene.
Ed
è bellissimo, anche se trattato in poche righe, sia il rapporto con i
genitori, dolcissimi, generosi, spaventati e coraggiosi, sia il
rapporto con la comunità umana, come la chiama Carlotto, che ha
ospitato, protetto, difeso lo stesso dalla persecuzione violenta e
inverosimile scatenatagli contro dal sistema giuridico italiota…
Leggetelo, ne vale la pena.

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L’Ospite inatteso

E’ un film strepitoso! Intelligente, sensibile, dolce, spietato..
E’ la storia di un un uno un professore universitario di economia,
rimasto vedovo, che insegna ormai svogliatamente e vive monotonamente
in una cittadina del Connecticut. Quando di malavoglia accetta di
sostituire un collega a una conferenza a New York, scopre che il suo
appartamento, da tempo disabitato, è stato affittato con l’inganno ad
una giovane coppia, il siriano Tarek, che suona il djembe in un gruppo
jazz, e l’africana Zainab, disegnatrice di gioielli. Dopo la sorpresa
iniziale, Walter invita i due a restare, almeno fino a che non
troveranno un altro tetto, e inizia con Tarek un’amicizia nel nome
della musica. Ma un contatto incidentale con la polizia, in
metropolitana, fa finire Tarek, immigrato irregolare, in un centro di
detenzione nel Queens. L’arrivo della madre del ragazzo, Mouna, rinnova
l’impegno e l’affetto di Walter per Tarek ma il suo fermo assume sempre
più i connotati della prigionia.
L’Ospite inatteso ruota attorno alla figura di Richard Jenkins, un
classico uomo ordinario che fa economia sulla propria vita, cercando di
restare legato al passato attraverso il pianoforte per cui non è
portato, salvo scoprire accidentalmente di avere un cuore che batte
ancora, al ritmo di un tamburo africano. Semplice e diretto sarà il
tuffo nella musica dei tamburi africani del protagonista e geniale ci
appare la scena del parco, dove la musica unisce i popoli mentre la
paura li divide…
Ma il concerto è ancora agli inizi che già deve lasciare il posto allo
sconcerto, di fronte al trionfo dell’ordine e dei suoi burocratici
esecutori.

Per tutto il film si respira un forte senso di lutto necessario a
raccontarci i protagonisti: il professore, i migranti clandestini, la
madre del ragazzo siriano Tarek, rimasta vedova anche lei, e
soprattutto il concetto di accoglienza e di libertà che l’America si
diceva orgogliosa di incarnare. Un concetto ormai morto e sepolto… Ad
Ellis Island, dove si passava per diventare cittadini, ora si passa per
essere schedati, trattenuti, rispediti al mittente. Non è più tempo di
parlare di “green card” in chiave di commedia, ma è sempre tempo di
portare la macchina da presa nelle strade e di mostrare la città quale
è. Un enorme luogo di schedatura, controllo, spedizione al mittente…
Il regista ha fatto un film civile e personale, politico e culturale,
delicato e intelligente. Gli attori sono bravissimi e la sceneggiatura
è perfetta: cosa rara di questi tempi.
I suoni dei tamburi africani sono la perfetta colonna sonora ossessiva e ben ritmata delle emozioni che ci trasmette il fim.
Da non perdere, assolutamente!!!

mi ha convinto definitivamente a comprarmi un bel Djambé… evoluzione
raffinata e adulta del tamburo che suonavo nel commando ultrà..

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I Ragazzi felici di Summerhill

I ragazzi felici di Summerhill è un testo ormai storico della pedagogia contemporanea, scritto da Alexander S. Neill, insegnante e pedagogo scozzese. Neill insegnò per molti anni all’inizio del secolo scorso in diverse scuole statali, prima in Gran Bretagna e poi in Austria, e al suo ritorno in Inghilterra nel 1921, fondò la scuola libertaria – sperimentale di Summerhill nel villaggio di Leiston, nel Suffolk, a 160 km da Londra.  Qui Neill non si limitò a fondare una scuola ma costruì una vera e propria comunità per bambini e adolescenti, che mosse le fondamenta dalle idee progressiste dei pensatori e filosofi dell’ottocento in contrasto diretto con le idee autoritarie e reazionarie della scuola e della pedagogia conservatrice dei primi due decenni del XX° secolo.

E’ un libro bellissimo che parla di amore, di regole, di solidarietà e che racconta in maniera semplice e con stile asciutto e non retorico la crescita del bambino, il suo inserimento o reinserimento nella società, la sua capacità di discernimento, spesso fraintesa o sottovalutata dagli adulti. Un’esperienza fondativa quella di Neill, che stimolerà nel corso degli anni e dei decenni maestri e maestre, educatori ed educatrici, psicologi e pedagoghi. Molti e molte di loro si professeranno seguaci e debitori di Neill, pur se nessuno/a costruirà identiche scuole a Summerhill. Per fortuna, affermò spesso Neill, che tutto desiderava tranne dei seguaci.

Piuttosto sperava che si diffondesse l’idea di una scuola – comunità non repressiva, non omologata, coraggiosa perché basata sul "metodo della libertà"  da condividere e riprodurre in tutti i contesti sociali, culturali, nazionali.Il libro narra una storia semplice e complicata allo stesso tempo, senza indugiare su autocelebrazioni, ma invece ricordando spesso anche errori e fallimenti.

Con coraggio, leggetelo. Aprendo bene gli occhi. Io l’ho letto a vent’anni, decidendo alla fine di quel libro che l’unico lavoro che avrei voluto fare era il maestro d’asilo. 9 anni dopo ho realizzato questo piccolo sogno, con in testa sempre il libro di Neill…

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