Solidarietà alle compagne femministe e lesbiche del “22”

Ancora una volta.

Dopo gli attentati dello scorso dicembre, dopo la cena solidale autorganizzata dalle compagne del 22 lo scorso 13 gennaio, dopo la ristrutturazione della sede e in particolare della porta, ancora una volta uomini sessisti, lesbofobici  hanno colpito al buio, al riparo omertoso del silenzio che li protegge.

La notte fra il 24 e il 25 gennaio hanno disegnato “cazzi” e scritte lesbofobiche sui murales ove sono disegnati i volti delle donne, hanno messo la colla nel lucchetto per rendere inagibile la sede stessa.

Chi è stato?

Ovviamente non lo so, ma so perfettamente in quale clima agiscono questi  lesbofobici antifemministi: in un clima di odio verso le compagne, verso le lesbiche, verso le femministe. Un clima che si respira in quella Via da anni, tanti, troppi anni. E chi la frequenta, per un motivo o per l’altro da più di ventanni come il sottoscritto, lo sa bene.

Alle compagne femministe e lesbiche del 22 va espressa la solidarietà concreta e militante, anche e soprattutto da parte di noi uomini, poiché le compagne del Movimento lo fanno da sempre, al fine di rompere quel muro di omertà che alberga da anni in quella che fu la mitica Via dei Volsci e che oggi è luogo di episodi quotidiani di sessismo, lesbofobia, prevaricazione. Lo è da almeno 13 anni, non c’è nessuna novità in questi attacchi contro le compagne, se non per chi ha la memoria corta, ovviamente.

Perché continuano ad attaccare la sede delle compagne?

Perché sono lesbofobici e antifemministi, ovviamente. Ma questa spiegazione non basta, non è sufficente a spiegare l’odio e il disprezzo che manifestano questi attacchi continui al 22. Perché costoro si stanno accanendo impunemente contro le compagne? Spetta a costoro a loro dirlo, pubblicamente: che lo facciano, se ne hanno il coraggio.

Ma alla fine anche questo importa poco. Quello che importa davvero è che è  tempo che noi uomini, che noi compagni, si prenda la parola in maniera decisa, in maniera chiara e solidale, affinché il muro del silenzio omertoso in cui agiscono questi maledetti si rompa definitivamente. Non importa se dovremo usare volantini o comunicati, se dovremo usare la rete o le classiche riunioni nelle sedi politiche o nei centri sociali. Importa che noi uomini, noi compagni, si prenda la parola individualmente e collettivamente contro la lesbofobia, contro il maschilismo, contro il patriarcato che guida la mano degli attacchi al 22.

E’ ora di dire basta

 

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PRESIDIO A REGINA COELI

A tre mesi di distanza dalla giornata del 15 Ottobre, c’è ancora chi continua a scontare la repressione degli apparati giudiziari dello Stato.
6 ragazzi, di cui 5 minorenni, sono denunciati a piede libero, in 9 si trovano agli arresti domiciliari, due ragazze  hanno gli obblighi di firma, mentre Giovanni, condannato a 3 anni e 4 mesi, resta ancora rinchiuso in carcere.
Nonostante l’accanimento giudiziario nei confronti delle persone arrestate e la gogna mediatica montata ad arte su quella giornata, chi crede  sia indispensabile ribellarsi allo stato di cose attuali ha espresso tenaciemente la propria solidarietà: le iniziative a supporto delle spese legali e a sostegno di chi è recluso, i presidi e i saluti dinanzi ai carceri di regina coeli e rebibbia, la presenza nelle infami aule dei tribunali durante i processi sono i gesti che disegnano il volto comune di tutti/e coloro che quotidianamente vogliono rompere le mura dell’indifferenza.
Per continuare a tenere viva la solidarietà nei confronti dei denunciati della giornata del 15 ottobre e per non lasciare solo o sola chi continua ad essere rinchiuso dentro una cella maledetta, lanciamo un appuntamento per sabato 28 Gennaio, alle ore 13, durante l’ora d’aria dei detenuti del carcere di Regina Coeli, al faro della Passeggiata del Gianicolo.
Microfono aperto e casse puntate verso Regina Coeli, per farci sentire da Giovanni e da tutti coloro che che sono privati della loro libertà.

Affinchè le persone non finiscano dove comincia il carcere, la solidarietà è un’arma.

Libertà per tutti/e

Evasioni

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Campagna abbonamenti per Laspro !

CAMPAGNA ABBONAMENTI LASPRO 2012

«La nostra scrittura si nutre di suole consumate e copertoni usurati.
Vibra solo se in movimento»



Con il passaggio a 8 pagine e una redazione rinnovata nelle risorse e nei contenuti, Laspro torna con nuova linfa a battere lì dove non arriva la letteratura con la L maiuscola.
Nelle città e nelle periferie, nei posti del lavoro precario, nelle fabbriche, la narrativa e il giornalismo militante ritornano a raccontare la quotidianità di una Crisi non solo economica, ma anche culturale.

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Ritorna la Grande Festa Laspriana !

Venerdì 20 Gennaio presso il San Rock Club di Via Casilina, 607 dalle ore 19 in poi

Grande Mostra degli illustratori e delle illustratrici di Laspro, con tavole di:

Aladin Al Baraduni; Jasmin Cacciola; Valeria Crociata; Lamerti; Lisa; Marta Mancini; Daria Marisi; Tommaso Medugno; Luisa Montalto; Nikky; Nicola Rotiroti; Tso.

Reading Laspriano a cura di Cristian Giodice, direttore di Laspro

Interpretano le attrici e l’attore:

Barbara Amici, Valentina Di Odoardo, Daniele Miglio

musici: Jennifer Clementi – Flauto Traverso Massimo Gervasi – Pianoforte Claudio Sica – Chitarra

a seguire: EA.CRI dj set

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Solidarietà alle compagne femministe di Via dei Volsci 22

Ancora una volta i lesbofobici fascisti sessisti hanno colpito la storica sede femminista di Via dei Volsci 22. Maledetti !!! Per l’ennesima volta in questi ultimi 10 anni la mano infame di qualcuno ha colpito una sede femminista autorganizzata e antagonista storica, che fra le ultime in quel di San Lorenzo e in particolare di Via dei Volsci si batte per una società libertaria, antisessista, antimaschilista, antirazzista, antifascista. Esprimo e credo sia il minimo che tutte e tutti dobbiamo fare lo stesso, la massima solidarietà militante alle compagne, solidarietà politica, cercando di controinformare sull’attentato, sulla sua natura, sulle sue motivazioni e sui suoi obiettivi reali: chiudere una sede femminista. Ma va anche espressa una solidarietà materiale finanziando tutte e tutti la ricostruzione della sede. Ospitare nel mio piccolo blog il comunicato delle compagne mi sembra il minimo, fate altrettanto, grazie

Comunicato delle compagne:

La porta scoppia… 22resiste! venerdì 13 gennaio h20

La porta scoppia… 22resiste!

Nella settimana dal 24 dicembre al 3 gennaio 2012, 5 attacchi esplosivi hanno colpito la sede di femministe e lesbiche di via dei Volsci 22. Attacchi che hanno danneggiato in maniera grave la porta e l’interno della sede.
Sono otto anni che questo genere di attacchi si ripetono durante le feste di fine anno, sempre più alla luce del sole e con modalità sempre più gravi.
Attacchi intimidatori di matrice patriarcale, lesbofobica e fascista, che colpiscono un luogo che ha raccolto negli anni le molteplici esperienze politiche di donne e lesbiche, che ha ospitato autorganizzazione e saperi. E’ da molto tempo ormai che alle “goliardate” si è sostituito un tentativo di espulsione dalla via, in una fase in cui la speculazione immobiliare e l’esproprio di luoghi collettivi mette in ulteriore difficoltà la nostra presenza sulla strada.
Ma le condizioni di difficoltà che attraversa questo territorio sono oramai note a tutte e tutti.
Di fronte a un contesto così difficile siamo riuscite come femministe e lesbiche, a dare vita nella città a esperienze che hanno avuto momenti alti di visibilità e sono state un momento forte di crescita collettiva. Prendiamo forza dai nostri percorsi e diamo valore a quello che abbiamo costruito!
Noi tutte sappiamo per nostra esperienza e per quella delle altre che sono molte le circostanze per le quali i movimenti e i percorsi collettivi attraversano momenti di forza e anche fasi di frammentazione e difficoltà, per questo è importante che i luoghi liberati da alcune restino liberati per le altre, in modo da accogliere sempre “il possibile” delle esperienze politiche di tutte le femministe e le lesbiche.
Invitiamo tutte a partecipare a una serata di autofinanziamento dei lavori necessari al 22 e di presenza collettiva nella sede e nella strada, per ribadire con i nostri corpi che alle intimidazioni e ai tentativi di espulsione rispondiamo con la resistenza e la lotta.

La porta scoppia… ci scappa la riffa!!

venerdì 13 gennaio in via dei volsci 22

dalle 20 > cena esplosiva vegetariana e vegana

dalle 22 > estrazioni di scoppiettanti premi femministi

VI ASPETTIAMO!

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Alberone

anteprima di un racconto che uscirà nella mia prossima raccolta di racconti di scontri….

ALBERONE

Ancora qui, per il solito pomeriggio freddo e ventoso all’Alberone, ad aprire l’anno politico. L’ultimo del millennio, pare. Se nun se so’ sbajati a fa’ li conti.
Ieri era la befana, capodanno è passato, con una noiosa festa. Le lezioni all’università non sono ancora riprese, qualche lavoretto a nero alienante all’orizzonte.
Siamo pochi a questo cazzo di presidio, a ventun’anni di distanza dal primo. Il settimo che mi faccio.
Frustrante come al solito.
Non abbiamo preparato né manifesti né volantini per indirlo e per spiegare che cazzo stiamo facendo qui, al buio, con  casco in testa e bastoni mal nascosti sotto bomber troppo piccoli… la gente che passa giustamente non capisce che cazzo stiamo a fare.
In città solo i militanti sanno di questo appuntamento, e manco tutti, a quanto pare.
Siamo pochi, meno degli altri anni. Molti di meno.
Cazzo che palle!
Che frustrazione questo procedere a tentoni, senza analisi, senza più metodo, senza una strategia.
Almeno proviamo a dare un senso a questa giornata organizzando uno straccio di servizio d’ordine visto che la riunione dell’altra sera manco è riuscita a definirne uno e visto che quella di oggi pomeriggio è stata una mezza lite fra noi, che spingevamo per strutturarci al meglio e chi, con molta sufficienza dettata dalla pigrizia e da anni di stanchezza militante, argomentava con difficoltà che non ce n’era bisogno, prendendo sotto gamba, come ho visto fare negli ultimi 7 anni, la situazione…
L’anno prossimo nun ce vengo, lo giuro, cazzo.
Che cosa ci stiamo a fare qui?
Portiamo sulle spalle una battaglia che non è la nostra.
Noi che non abbiamo fatto i mitici anni ’70 lo sappiamo bene, ma nessuno di noi ha il coraggio di dirlo.
Certo, come storico potrei tranquillamente dire a me stesso e a chiunque opponesse una qualsiasi argomentazione contro il senso di questo presidio che la lotta contro i fascisti va avanti da quel maledetto 1919.
Ma sappiamo tutti bene, e i numeri scarsi di oggi lo dimostrano ancora una volta, che questo presidio ha davvero poco senso. Se non per evitare le solite scorribande contro la sede dello storico Comitato di quartiere dell’Alberone e per dire alla “destra ironica e radicale” che questa non è zona nera..
Per questo e tanto altro siamo qui.
In pochi, ma siamo qui.
Scoraggiati, certo. Ma siamo qui al freddo e al gelo per 4 ore, come ogni 7 gennaio che si rispetti.
Un sacco di compagni però non si sono presentati, per la prima volta dopo anni. Le divisioni che regnano profonde nel Movimento si fanno sentire.
E io la vedo male.

Abbiamo detto e scritto che non si può continuare così.
Tutti ci hanno risposto retoricamente che il presidio è fondamentale, importante, che i vecchi lo fanno da 20 anni, ci mancherebbe altro che non si facesse anche quest’anno e che…be’ ci hanno detto, più o meno, che le noste critiche sono ridicole…
Eppure molti non si sono presentati, oggi.
Siamo meno di 100, cazzo.

Il primo presidio antifascista all’Alberone a  cui partecipai fu quello del 7 gennaio del 1993.
L’anno prima, il 7 gennaio del 1992, i fascisti della sede del Msi, ma soprattutto i nazi di Movimento Politico che all’epoca aveva sede in Via Domodossola, a un tiro di schioppo dall’Alberone, provarono ad attaccare la sede del Comitato di Quartiere. Il giorno dopo fu convocata una manifestazione cittadina antifascista.
Io quel giorno ero  ad una  Assemblea cittadina degli studenti medi al Liceo Virgilio, come accadeva spesso in quel periodo. I compagni dell’Antico Molo, di cui ero un militante all’epoca, mi dissero che non potevo andare, che ci sarebbero stati casini, che sarebbe stato un corteo militante e che era più importante che restassi per l’assemblea. Rosicai tantissimo.
Eh mica son un ragazzino eh, abbiamo già fatto gli scontri insieme, e per conto mio ne ho fatti già un bel po’. Qual è il problema? gli dissi con rabbia.
Alla fine l’assalto fu una cazzata, c’erano un sacco di punkabbestia e fricchettoni, i compagni non riuscirono ad arrivare alla sede dei camerati, perché poco determinati e poco organizzati a sfondare in massa i cordoni delle guardie e tantomeno quei pochi che li superarono più o meno agevolmente non riuscirono a impattare coi nazi lì presenti: piuttosto determinati loro e sicuramente armati, di pistole…

Pochi mesi dopo ci fu un nuovo tentativo di assalto di massa e stavolta andai, anche e soprattutto perché il giorno prima avevo perso mio zio.
Avevo una rabbia in corpo infinita per la morte dello zio a cui ero più legato e affezionato
e non credevo fosse un caso quello che mi aveva raccontato poco prima di morire.
Nell’estate del ’92 ero andato, come facevo da anni, coi miei zii in campeggio a Latina
dopo il mio primo bellissimo viaggio fra Dublino, Belfast e Derry.
Quella volta zio, che stava da tempo male con la gola, e scoprimmo poi che era a causa di un maledetto e maligno tumore ai polmoni, ci raccontò che da giovane lui fece un errore: sparò a un tedesco a via Marmorata, durante l’occupazione nazifascista.
La cosa era assurda perché mio zio era fascista allora, e in fondo lo è sempre rimasto, continuando a votare Msi per decenni, quando non votava Dc…
Eppure sparò a un soldato tedesco perché in quei giorni Roma non era affatto aperta ma chiusa e occupata, anzichenò… E lui di violenze da parte dei nazi ne vide tante, troppe, al punto che sbottò e ne ferì uno, o forse lo mancò, ma sicuramente gli mise paura.

In quel sabato 4 dicembre del 1992 eravamo almeno diecimila compagne e compagni, non se ne poteva più di quegli stronzi che da mesi, anni, avevano di nuovo incendiato Roma con la loro violenza squadrista e razzista.
Eravamo un sacco di autonomi, poiché, seppure in via di sciolgimento, i comitati esistevano ancora ed esisteva soprattutto ancora un tessuto dell’Autonomia, prima che molti autonomi si preparassero a fare il grande salto verso Rifondazione e roba simile, c’erano un sacco di studenti medi e universitari, c’era Rifondazione, c’erano gli incompatibili di via Ivrea e lo storico comitato di quartiere dell’Alberone, i compagni del Corto e tanti altri centri sociali della città.
Il corteo che partì dai Colli Albani era militante e incazzato ma non determinato fino in fondo. C’erano troppi compagni pompieri che non volevano che si andasse allo scontro totale con i fascisti e soprattutto con le guardie che li proteggevano.

Ricordo bene che dal 1990 al 1992 in questa zona di Roma, che va dal Quadraro nuovo fino a Cinecittà, fra l’Appia e la Tuscolana, ci furono un’infinità di scontri coi fasci, avvenuti soprattutto dopo l’attentato incendiario fascista del centro sociale Corto Circuito, il 19 maggio del ’91 ove morì bruciato il compagno Auro Bruni.

Oggi siamo pochi, davvero pochi e pure male organizzati.
Per fortuna che c’è “Er Matto” a fa’ la vedetta. Da solo, sull’altro lato della strada, a pochi passi dall’Alberone, quello vero, come una vera vedetta. Manco c’ha bisogno de mimetizzasse troppo, tanto lo conoscono tutti: i fascisti, che lo temono, le guardie, che cercano de fallo sta bbono, senza riuscicce, ovviamente.
Er Matto all’improvviso corre verso di noi attraversando il traffico delle sette di sera come un forsennato…: “arrivano arrivano!” ci grida
Proprio dal nostro lato, Via Appia Nuova angolo Via Veturia.
Ci schieriamo ma non facciamo in tempo: eccoli.
Appena il tempo de mettese il casco in testa.
Lanciano bomboni e sassi e bottiglie, a manetta.
Siamo in difficoltà. Cazzo.
Provo a dare la carica, a reagire, a gridare “Carica compagni!”.
Come nei migliori film che mi faccio in testa…ma non serve a un cazzo, Non partiamo, cristo, abbiamo paura, siamo sotto botta, siamo disorganizzati….e ne paghiamo lo scotto adesso.
Siamo ripiegati su noi stessi, in pochi a questo cazzo di angolo di merda, a cercare di ripararci da sassi e bottiglie che ci arrivano contro in buona quantità.
Tutto si svolge in un attimo che, come si scrive nei migliori romanzi e si mostra nei migliori film, sembra non finire mai.
Un attimo de mmerda però, cazzo.

Stecco finalmente ingrana la marcia e gli lancia almeno un paio di bomboni, è un attimo e gli altri lanciano sassi e bottiglie riprendendo coraggio e rabbia nelle mani.
Altri compagni che si trovavano a pochi metri o a poche decine di metri da noi si avvicinano finalmente. Proviamo a compattarci e stavolta finalmente partiamo in carica!
Senza esagerare però…
Ci ritroviamo in mezzo alla carreggiata, alcuni di loro e alcuni di noi, ci fronteggiamo, cinte e bastoni in mano. E’ sempre un maledetto attimo.
Un fascista di merda è di fronte a me ma non mi regge di andargli sotto.
Mi sento le spalle e pure i fianchi scoperti…
E’ un attimo, ci guardiamo, entrambi con i caschi in testa e il passamontagna sotto.
Nessuno dei due fa il passo in avanti per dare il colpo.
Lo stesso accade accanto a me fra Stecco e un altro camerata.
Ci sono altri compagni e e altri fascisti davanti, dietro e ai lati.
Ma io con la coda dell’occhio vedo solo Stecco…
Non ci lasciamo soli, non l’abbiamo mai fatto.
Altri fascisti sono dietro ‘sti du matti.
Altri ancora son rimasti nelle retrovie…

Finalmente arriva un gruppone di compagni in carica
I fasci stavolta scappano a gambe levate.
Davvero.
E io e Stecco ridiamo la carica, fin dentro al mercato dell’Alberone, fin quando non li vediamo scappare di brutto a ‘ste mmerde, fino a quando Valerio, Durruti, Manuel non mi riprendono per il bavero cercando di calmarmi e gridandomi di non infilarmi nel mercato da solo: potrebbe essere una trappola.
Ma quale trappola e trappola gli grido io!
Son scappati e basta, andiamogli dietro, cazzo!!!

Torno sui miei passi sotto braccio ai miei compagni di sempre.
Ma sono talmente incazzato che imbruttisco a Giorgino gli do’ uno spintone così forte che lo faccio volare a terra.
Cazzo sono mortificato! Mi scuso e mi riscuso, mi dispiace un sacco e lo abbraccio.
Lui la prende con filosofia, mi capisce e mi riabbraccia. Io non sarei stato capace di fare altrettanto.
Mi sento carico di rabbia e odio, di gioia per averli messi in fuga ma anche frustrato per la nostra scarsa organizzazione che per poco nun ce fa pija le botte in casa nostra aho’…
Se Stecco non avesse imposto di fare una seria riunione di servizio d’ordine prima di iniziare il presidio ci avrebbero davvero preso alla sprovvista stavolta.
Infatti lui gongola di aver avuto ragione e lo ripete a tutti. Come dargli torto?

Ma altri pensieri mi affollano la mente…
Questo è solo l’inizio di un anno di scontri, penso.
Eppure sento che è la fine per un certo modo di fare gli scontri…

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Sulla strage fascista e razzista di Firenze

La strage fascista e razzista di Firenze compiuta da Gianluca Casseri, militante di Casa Pound, contro la comunità senegalese, uccidendo Samb Modou e Diop Mor e ferendo gravemente Moustapha Dieng, Sougou Mor,  e Mbenghe Cheike mi ha subito fatto venire alla mente una storia simile quando ho letto i chiari e netti tentativi di depistaggio portati avanti da Casa Pound e avallati da molti giornali e televisioni e radio e siti internet: la storia di Ciro Principessa.

Era il 19 aprile del 1979 quando Claudio Minetti, ex attivista di “Avanguardia Nazionale” e di “Europa e Civiltà” e frequentatore della sede del Msi di “Acca Larentia”, figlio dell’ex convivente di Stefano Delle Chiaie, segue due militanti del Pci, con in tasca “L’Unità”, sull’autobus 409 dalla stazione Termini fino al quartiere de La Certosa – Tor Pignattara ove si trovava una sezione del Pci che aveva all’interno una piccola biblioteca. Entrò e chiese un libro in prestito. Alla richiesta di esibire un documento di identità Claudio Minetti oppose il suo rifiuto e rubò un libro da un tavolo scappando poi per la strada. Inseguito da due iscritti della sezione, il neofascista si voltò di scatto ferendo all’addome con un coltello Ciro Principessa, 23 anni, militante del Pci. Ciro morì il giorno successivo in ospedale
Claudio Minetti fu arrestato poco dopo dalla polizia dentro un bar dove si era rifugiato.

Ma la cosa incredibile fu che “Il Secolo D’Italia” fin dal giorno dopo iniziò il suo lavoro di depistaggio, parlando del delitto di un folle, di uno squilibrato che aveva senza motivo e senza premeditazione ucciso un giovane comunista. Una campagna che il giornale fascista più venduto dell’epoca portò avanti per alcuni giorni, senza difendere politicamente il suo camerata anzi sconfessando la sua invece provata militanza neofascista e senza argomenti seri per smentire la tesi antifascista, peraltro ben dimostrata, dell’omicidio premeditato ai danni di un militante comunista.

Il giorno dopo, per quei pochi che avevano dubbi sull’autenticità dell’omicidio fascista, il “Movimento rivoluzionario popolare”, organizzazione di estrema destra, fece esplodere una bomba nella piazza del Campidoglio, che per puro caso non provocò ulteriori morti, chiedendo la liberazione del “Camerata Minetti”.

La storia si ripete, in forme differenti. Con la sola grande differenza che 32 anni fa il sentimento e la ragione antifascista erano ancora assai diffuse, e solo “Il Secolo D’Italia”, isolato fra i principali quotidiani, cercò di sconfessare l’omicida e si inalberò poiché contro la destra era stata promossa una “vergognosa e speculatoria campagna di regime”, oggi il depistaggio attuato da Casa Pound che, fra l’altro, schifosamente abbandona il suo caduto in barba a tutte le cazzate sull’onore che sbrodolano di continuo, purtroppo trova tanti appoggi: da Lucia Annunziata a Matteo Renzi fino al Prefetto di Firenze a tutti quei Media che hanno parlato di strage della follia e non di strage fascista e razzista.

La memoria è un ingranaggio collettivo

Marco Capoccetti Boccia

 

Fonti utilizzate:

1)http://www.reti-invisibili.net/ciroprincipessa/

2)«Paese Sera», del 20, 21 e 25/04/1979.

«Il Tempo», del 20, 21 e 25/04/1979.

«Il Messaggero», del 20, 21 e 25/04/1979.

«l’Unità», del 20, 21 e 25/04/1979.

«Il Corriere della Sera», del 20, 21 e 25/04/1979.

“Il Secolo D’Italia”, del 20, 21, 22 e 25/04/1979

“Il Manifesto”, del 20, 21, 22 e 25/04/1979

3) “Valerio Verbano. Una ferita ancora aperta” di Marco Capoccetti Boccia, Castelvecchi Editore, Roma 2011

 

 

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Sgombero Ex Teatro Apollo

Qesta mattina c’è stato lo sgombero dell’ex Teatro Apollo di Via Giolitti, occupato da mesi da alcuni gruppi di migranti, perlopiù nordafricani.
Ho visto lo sgombero in diretta poiché abito a piazza Vittorio e stavo passando di la quando ho notato un paio di volanti della polizia e la serranda dell’ex teatro aperta. Mi sono avvicinato a “curiosare” per capire cosa stava accadendo e ho visto che stavo identificando i migranti all’interno dello spazio e volevano portarli via.
Mi sono arrabbiato quando ho visto che gli agenti maltrattavo i migranti, come al solito. Mi sono presentato come un cittadino democratico del quartiere e ho provato a fare una foto con il telefonino ma mi hanno ovviamente bloccato e chiesto i documenti.
Dopo un po’ di manfrina glieli ho dovuti dare e mi hanno quindi identificato via radio in contatto con la questura.
Hanno minacciato di portarmi via al commissariato di zona per oltraggio, resistenza e cazzate varie.
Ma dopo un po’ di manfrina, durante la quale io ho ovviamente mantenuto un profilo basso perché ero solo, mi hanno lasciato andare.
I migranti, tutti uomini, sono stati portati via con le volanti.
La cosa assurda è che invece di sostenere i migranti occupanti e dargli un premio poiché stavano in qualche modo ripulendo uno spazio abbandonato al degrado da anni sono stato sgomberati e denunciati e temo che ora verrano portati all’infame Cie di Ponte Galeria.
L’ex teatro Apollo è abbandonato al degrado da decenni: fu acquistato dal Comune di Roma, quando era sindaco Veltroni, per la cifra spropositata di oltre 4.000.000 di euro nel 2001 dalla società Cairoli 2000. C’era un progetto di ristrutturazione dello spazio per assegnarlo alle associazioni culturali del quartiere, in primis la ormai famosa Orchestra musicale di Piazza Vittorio. Il progetto non è stato mai finanziato, non è mai partito e lo spazio è abbandonato al degrado più totale da allora. Lo spazio è un immobile nelle disponibilità dell’assessorato alla casa del comune di Roma, che evidentemente preferisce tenerlo chiuso e degradato piuttosto che utilizzarlo ai fini sociali.
Marchetto
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Del 15 ottobre e dintorni…parte 2

Di nuovo qui a parlare del 15 ottobre, tanto non si parla d’altro in città adesso.

Ovviamente se ne parla nel modo peggiore: a tavolino, in senso politicista, dove in pochi si decide per tutti e troppo in fretta senza lasciare che maturino le possibilità reali per una vera partecipazione di massa alle riunioni e assemblee cittadine che si stanno svolgendo in questi giorni. Non va assolutamente bene, non va nella direzione giusta, che pure ci si auspica di raggiungere: quella della massima partecipazione delle persone al corteo nazionale con contenuti che siano realmente conflittuali e che non facciano un favore al Nuovo Ulivo. Ovvero, il Movimento in piazza fa cadere il Governo Berlusconi e Bersani-Di Pietro- Vendola ne raccolgono i frutti ! Eh no cavolo, non è per questo che scenderò in piazza il 15 ottobre !!

Ma non doveva essere la giornata dell’indignazione e dell’assedio (pacifico, simbolico, ma determinato) ai palazzi del potere ?! E allora chi ha deciso e perché di portare la manifestazione nel vuoto di piazza San Giovanni ???                                                                     Nell’appello qui sotto c’è scritto che la manifestazione finirà a Piazza San Giovanni: perché ?!Leggetelo: http://romattiva.splinder.com/post/25621794/15-ottobre-cambiamo-litalia-cambiamo-leuropa

Mi ripeto: perché finire a piazza San Giovanni ? Mi sembra che in questi mesi si è più volte manifestato sotto i palazzi del Potere, che la rabbia delle persone si è diretta più volte verso i palazzi del Potere, e allora perché il Coordinamento 15 ottobre decide di andare a Piazza San Giovanni ?

Una pessima scelta, a mio modesto avviso…

Ancora una volta credo sia importante lavorare politicamente affinché il 15 ottobre sia una giornata di lotta, pacifica ma determinata, di assedio simbolico e di massa contro i luoghi della Democrazia Rappresentativa e contro quelli del Potere economico reale, portando in piazza, dai quartieri ai posti di lavoro, dalle scuole all’università, masse e masse di lavoratori e lavoratrici, disoccupati e disoccupate, studenti, precari e precarie, pensionati e pensionate, nel senso dell’autorganizzazione reale e non quella finta iperpoliticista che tanto vedo aleggiare ancora una volta in città, per niente simile allo spettro ben più famoso che aleggiava 170 anni fa…

Per l’autorganizzazione sociale

per l’autogestione delle lotte

 

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Del 15 ottobre e dintorni…parte 1

Insomma non si parla d’altro.

Il 15 ottobre di qua…il 15 ottobre di là..cosa facciamo il 15 ottobre…tu scendi dalla mattina…io arrivo il pomeriggio…chi sta con la Fiom…chi sta con la Cgil in toto…chi sta con Uniti contro la crisi… chi sta con i neoautonomi (li mejo, detto per inciso..) chi sta con i movimenti sociali e chi sta addirittura coi partiti di centrosinistra, nascondendosi ma neanche troppo…e poi chi si mette in mezzo…chi sta con i beni comuni (che poi qualcuna\o dovrà spiegarmi cosa sono i beni comuni, Marx non approverebbe di certo il il termine Bene Comune affibiato a una merce o ad una città, che casino l’assenza di categorie…

Or dunque arriva il 15 ottobre, non si parla d’altro nelle riunioni cittadine e nazionali, nelle assemblee cittadine e nazionali, al massimo del politicismo purtroppo e infatti il risultato è che tutte\i proiettati verso l’ennesima scadenza, seppur autoconvocata e non imposta dai soliti vertici farsa delle istituzioni capitaliste, resta una scadenza, una giornata. Nulla di più.

E purtroppo tutte\i concentrate\i su questa data, che ormai non sopporto più personalmente, non ci si accorge che l’autunno è caldo solo dal punto di vista metereologico (ieri a Roma pare ci fossero 28° !!), che nonostante una manovra massacrante nessuna\o o quasi scende in piazza, che dopo lo sciopero parziale del 6 settembre neanche si parla di farne un altro, serio, che parta dal basso, che coinvolga realmente le persone: lavoratori\trici, studenti, disoccupate\i, precarie\i, casalinghe, migranti, pensionati ecc ecc. Uno sciopero dal basso, autorganizzato e di massa. Ma no, si perde tempo a discutere del 15 ottobre e nulla più. Mentre nient’altro si muove.

A mio modesto avviso, e questo è il punto di vista di un semplice militante autonomo old school, si dovrebbe ripartire dai fondamentali: fare un lavoro politico di massa nei quartieri e nei posti di lavoro, nelle scuole e nell’università, con volantini e manifesti, con comizi al mercato e facendo scritte sui muri, provando a organizzare assemblee con le persone e non sempre e solo fra di noi. Ma non semplicemnete sul 15 ottobre ma in generale sulle cosiddette “questioni concrete” sulle quali è possibile che si aggreghino settori sociali colpiti dalla crisi. Poi magari sarebbe utile che tutti i soggetti che si richiamano realmente e non per finta all’autorganizzazione e all’autogestione, all’antagonismo e all’autonomia della classe, mettessero in comune, in raccordo, quello che producono in termini di lotte e conflitto, anche se minimo va bene lo stesso, e da quello si partisse per trasformare il 15 ottobre in una vera giornata di lotta dei movimenti sociali.  Una cosa d’altri tempi, me ne rendo conto.

Invece così si rischia che il 15 ottobre diventa una kermesse elettorale/sindacale ove prevalgano gli interessi di chi si prepara al governo di centrosinistra (più centro che sinistra in effetti…). A me del preparare il terreno al prossimo governo di centrosinistra non me ne importa nulla, essendo un astensionista militante e un antagonista del sistema della democrazia rappresentativa e non solo del governo di centrodestra.

Quindi rimbocchiamoci le maniche e scaviamo bene per rilanciare pratiche conflittuali reali, antagoniste al capitalismo e non semplicemente al governo di centrodestra. E se possibile coordiniamoci seriamente, dal basso, in forma realmente autorganizzata, per fare del 15 ottobre sì, una grande giornata di lotta, ma per andare oltre, per sedimentare qualcosa di veramente conflittuale e antagonista.

Per l’Autorganizzazione sociale

Per l’Autogestione delle lotte

Per l’Autonomia Operaia e Proletaria

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