Recensione di “Per sempre ragazzo”, Marco Tropea Editore, a cura di Paola Staccioli

Mille parole per Carlo

Assassinato dallo Stato, mediante la mano del solito infame carabiniere.

10 anni fa.

Mille parole che ci raccontano di Carlo, di quei giorni, di chi c’era e di chi non c’era. Di chi sognava di cambiare il mondo attraverso una rivoluzione non violenta e di chi voleva farlo assaltando, giustamente, il carcere di Marassi, fra le altre…

Un bellissimo libro curato dalla grande Paola Staccioli, autrice anche di uno dei racconti più intelligenti, smaliziati, che colpiscono al centro. Ma bellissimo è anche quello di Eros Francescangei, proiettato nel futuro, di Massimo Carlotto, coraggioso e lucido come sempre, e di Valerio Evangelisti: duro come un cazzotto alla bocca dello stomaco, chiaro come la luce del sole del solstizio d’estate.

Non potete non acquistare questo libro. Perché i ricavi andranno per intero al Comitato Piazza Carla Giuliani Onlus.

Non potete non leggere questo libro: perché parla di voi, di noi, di Carlo.

Che fino all’ultimo è rimasto davanti.

E dopo 10 anni vive e lotta ancora insieme a noi !!!

http://www.marcotropeaeditore.it/index2.php?target=scheda_libro&id_book=143

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Quando verrete a chiedermi il voto…parte 1

Se le cose andranno bene per Berlusconi e Alemanno nel 2013 ci saranno le elezioni politiche generali e quelle amministrative per il comune di Roma. Se il governo e la giunta cadranno prima della fine del mandato elettorale, forse ci saranno le elezioni oppure no: in questo caso nasceranno quindi governi di unità nazionale (n’artra vorta !!!) e, presumo, di unità romana…

Allora, quando verrà il tempo degli inganni e delle false promesse, i vari Bersani e Vendola, probabili candidati premier per il centro-sinistra, e Zingaretti, probabile candidato sindaco di Roma, mi scriveranno una lettera stampata e me la invieranno via posta ordinaria e forse mi manderanno anche una email, per chiedermi il voto

Mi ricorderò allora della “fiaccolata contro tutte le mafie” che Zingaretti ha organizzato il 19 luglio scorso insieme ai peggiori fascisti della città, fra cui il suo diretto concorrente alle prossime elezionali comunali, attuale sindaco di Roma, Gianni Alemagno e perfino quelli di Forza Nuova;

mi ricorderò che da anni gli assassini fascisti Fioravanti e la Mambro fanno parte dell’associazione dei Radicali “Nessuno tocchi Caino” e che in questa veste hanno addirittura lavorato alla campagna elettorale della Bonino, candidata del centro-sinistra, alle elezioni regionali del 2010;

mi ricorderò che il PD in primis ha ripetutamente chiesto l’arresto dei compagni e delle compagne che resistono in Val di Susa ma che perfino Vendola ha chiesto di isolare i violenti, primo inevitabile passo che conduce all’arresto;

mi ricorderò che voi del PD eravate (siete…) a favore del nucleare e delle privatizzazione dell’acqua, fino a quando non siete saliti all’ultimo momento sul carro del vincitore, ma che perfino dopo la strabiliante vittoria popolare ai referendum la Giunta Vendola in Puglia non ha eliminato il 7% di remunerazione del capitale dalla bolletta. Guarda caso la stessa cosa che ha fatto la Giunta Alemanno a Roma con l’Acea pochissimi giorni fa, seguendo proprio l’esempio di Vendola…

mi ricorderò che il PD ha votato a favore del rifinanziamento delle guerre che conduce, in compagnia del PDL e della Lega, in giro per il mondo da oltre 15 anni, mascherandole da missioni militari umanitarie ( ma s’è mai sentita una cazzata maggiore di questa ?! La Guerra Umanitaria !!! )

qualcuna\o oserà insultarmi affermando che non votando il centro-sinistra farò il gioco di Re Silvio e che forse son addirittura pagato da Lui per non votare…

ma a quel punto ricorderò benissimo che non sono io a dialogarci amabilmente da 15 anni, che non sono io a non aver fatto la legge sul conflitto di interessi, che non sono io ad aver sdoganato politicamente i fascisti di Salò e quelli del Msi prima e di Casa Pound poi…

per cui risparmiate carta e tempo e non inviatemi né mail né lettere di carta: io non vi voterò, io non vi ho mai e poi mai votato in tutta la mia vita

l’ho promesso a me stesso quando ero ancora un bambino, sfrattato e messo letteralmente in mezzo a una strada insieme alla mia famiglia, cacciato dalla mia amata Parrocchietta, vecchia borgata di Roma che si erge sul Trullo, senza che nessun partito, nessun sindacato, nessun politico rispondesse alle richieste di una casa in affitto fatte dai miei genitori per 5 anni…

da allora vi odio

da allora, a dir il vero qualche anno dopo lo sfratto… Insomma da più di ventanni ho sempre condotto delle piccole ma dignitose campagne astensioniste sia alle elezioni politiche che a quelle amministrative, perfino a quelle europee !

Non credo nella democrazia delegata borghese, non voglio nessuna\o che mi rappresenti: né al municipio, né al Comune, né in Parlamento. Quindi non mi chiedete il voto, che tanto non ve lo darò

Io mi batto per l’autogestione delle lotte, l’autorganizzazione sociale e l’organizzazione autonoma della classe.

Quando verrete a chidermi il voto, vi risponderò con una bella campagna astensionista…

 

 

 

 

 

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Recensione di “Rumble Bee”

Forse Malcolm non è riuscito a riunire tutte le sue tribù, come sognava di fare ispirandosi a Lawrence d’Arabia, ma sicuramente le tribù, sue e non sue, per un paio d’ore, anche se per un paio d’ore appena, ma comunque ribellandosi agli ordini dei rispettivi capitribù che non le volevano unite, si sono unite. E si sono riprese la Piazza del Popolo, per un po’.

Un bellissimo libro questo “Rumble Bee” scritto da Il Duka e Marco Philopat, un libro che ci fa viaggiare nella storia delle rivolte di questi ultimi 3 anni circa e ci racconta, accennandole, quelle degli ultimi 30. Forse m’era piaciuto di più il precedente “Roma KO” perché trattava, con la nostalgia degli sconfitti, dei meravigliosi anni ’70, o meglio della loro fine e anche di quelli meno meravigliosi ma comunque estremamente militanti che furono gli anni ’80. Ma in fondo mi piace moltissimo anche “Rumble Bee”, tant’è che l’ho letto e riletto due volte, perché è veloce, onirico, addirittura fresco…

Malcolm dopo anni di girovagare si rituffa nei casini, nella lotta, per fortuna senza la retorica pesante del passato, ma con tanta creatività, fantasia e una buona, buonissima dose di irriducibilità del conflitto degli emarginati, dei precari, di chi non ha, ancora una volta, nulla da perdere, se non le famose catene di cui si parla in un altro famosissimo libro. E allora Malcolm per rompere queste catene si inventa una rivolta incredibile, in cui addirittura Moccia viene preso a capocciate sul naso, scena geniale !, una rivolta così geniale che manco i situazionisti degli anni ’60 o gli sceneggiatori di Hollywood avrebbero avuto la capace di inventare. Una rivolta in cui tutte\i esprimono l’incazzatura che hanno dentro da sempre, sì, ma lo fanno creativamente e con un’infinita fantasia manifestando la loro voglia di libertà ma anche quella  di far casino, e che cazzo !

Una rivolta che di nuovo attraversa la vecchia Europa e presto tutto il Mediterraneo, una rivolta con tanti fili rossi e nessuna divisione “interna” fra buoni e cattivi vestiti da “neri”, come fu invece quell’altra rivolta, quella da cui Malcolm uscì stanco e sconfitto: Genova 2001.

Stavolta Malcolm ritrova compagni e compagne di un tempo che fu, ma si tuffa in un mare, un’Onda gigantesca, cavalcata da tante\i giovanissimo studenti, precari, incasinati vari. Tante\i senzafuturo che ricominciano a incendiare le metropoli, o forse non avevano mai smesso di farlo…. E Malcolm porta con sé il suo accendino.

“Nonostante l’abbardatura riconobbe Jolanda che stava infilando un bombone dentro il vetro rotto di una Jaguar.Forse non serviva a niente attaccare d’inverno il palazzo, ma ogni tanto è bello vedere che l’ordine è messo sottosopra, pensava Malcolm…” (pag. 299)

“Rumble Bee”: un nuovo sciame di api operaie attacca la metropoli

Compratelo, fotocopiatelo, scaricatelo: insomma leggetelo !

E fate circolare le idee di rivolta che esso contiene…

Rumble Bee, Duka & Marco Philopat, Agenzia X,

Potete acquistarlo nelle migliori e peggiori librerie del Paese oppure qui:  http://www.agenziax.it/?pid=51&sid=30

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le sette cose di genova 2001 che ricordo

siamo andati in diversi negozi per comprare le maschere antilacrimogeni: non se ne trovavano quasi più in città. tutte\i si affannavano a comprarle da giorni e giorni, come fosse un regalo di natale dell’ultim’ora. c’ è una ferramenta a piazzale della radio che le vendeva ancora, ne ordinammo una decina. io ne presi una bruttina, che non mi piaceva affatto, ma tant’è. meglio di niente. volevo quella bianca, bellissima. ma non ce n’era una in più per me. la presi dopo, al ritorno da genova, quando molte cose le buttammo, quasi tutte. la maschera bianca la conservo ancora

la gomma piuma era bianca, brutta e sporca e non ci servì a molto. ne ero sicuro, allora, lo ricordo bene oggi

il mio bastone personale lo scelsi con cura, lo guardai, lo ammirai, lo provai. inultilmente. non arrivammo mai, noi, al corpo a corpo.

la bottiglietta contenente acqua e maalox. uno schifo. puzzava di medicinale stantio e anch’essa non mi servì a nulla. meglio il classico limone allora. anche se anch’esso risultò piuttosto inutile… quasi quanto tutte le riunioni politiche e di servizio d’ordine preparative che facemmo prima di partire…

la maglietta nera a maniche lunghe della lewis, una delle mie preferite di sempre. ci morii di caldo, anche perché la portavo sotto al giacchetto a jeans. ma almeno mi diede la bella sensazione di tenermi al riparo, come una maglia di cotta di mithril…

il sentiero dei nidi di ragno, non da leggere, se non alcune righe. ma da tenere nella tasca del giacchetto o addirittura in quella posteriore dei jeans, come un libro ispirazione, ma che soprattutto mi proteggesse, meglio di una qualsiasi bibbia,

i sacchi neri tipo quelli grandi della spazzatura, di cui tanto si parlò alla stazione, mentre  aspettavamo il treno che ci riportasse a roma. si sussurrava, quasi, che li stessero usando gli infermieri per trasportare i morti che stavano facendo le guardie in giro per la città…

di Marco Capoccetti Boccia

ho scritto questo racconto tutto in minuscolo. Perché ?
Perché odio la retorica che c’è stata prima, durante e dopo genova e penso che un modo buono per aggirarla, sconfiggerla, superarla sia quello di scrivere di quella storia in minuscolo.

Pubblicato su Laspro, Luglio\Agosto 2011

 

 

 

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Presentazioni del libro “Valerio Verbano una ferita ancora aperta”

Prossime presentazioni:
1) Venerdi 1 aprile a Livorno alle ore 20, presso il Centro Politico 1921, Via dei Mulini 29    a seguire aperitivo

2) Sabato 2 aprile a Pisa alle ore 18, presso il Centro sociale Newroz, Via Garibaldi 72           a seguire cena sociale per il Fondo Legale e serata musicale con il Digital Sarma Treulu eWanagana Beat

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1979

1979

 

Il pallone era finito fra le sterpaglie e tutti gridavano a Roberto che stavolta toccava a lui andarlo a prendere. Sputando per terra e asciugandosi il sudore che gli fradiciava la faccia con la maglietta ormai sporca, Roberto guardava le enormi canne davanti a sé: ne aveva ancora paura. Da quella volta, quando era proprio piccolo, ma davvero piccolo eh, quando una specie di vipera lo aveva morso alla gamba e lo aveva fatto piangere e gridare, senza che nessuno lo trovasse per ore, sperso fra le canne, altissime. Adesso il mare di canne altissime era davanti a lui e il pallone si era tuffato là in mezzo, chissà dove. Roberto iniziò a battere i piedi e a urlare per farsi coraggio. Gli altri intanto gli gridavano dietro che era impossibile che anche un fifone come lui ci mettesse tanto tempo a recuperare il pallone. Se continuava così non lo avrebbero fatto più giocare. A questa lontana minaccia reagì prendendo un bastone con cui iniziò a rompere le canne.

Di fronte a lui, finalmente, il pallone.

 

“Sono troppo bravi nel tenere la palla al piede e nei lanci lunghi. E sono velocissimi negli scatti. Avete visto quando scattano?! Partono almeno in cinque! Cazzo!”, diceva Manrico sputando per terra e asciugandosi il mocciolo dal naso con la maglietta nuova.

“Se continua così ci massacrano. Minimo ne prendiamo altri tre”. Disse Roberto

“Lo sappiamo, Roberto! Lo sappiamo bene! È inutile che continui ad appallarci con questa storia!”, gli ribatté duro Paolo Croni.

“Proponi qualcosa invece di portare sfiga, cazzo!”, continuò duro Paolo, sputando per terra.

Tutti fissarono Roberto.

“Hai in mente qualcosa?”, disse allora Capitan Severino, rompendo il muro di silenzio che si era creato.

“Dobbiamo sorprenderli”, iniziò allora Roberto. “E l’unico modo di farlo è quello di giocare sul loro stesso terreno, aumentando al massimo la loro stessa tecnica di gioco”.

“E cioè, che vuoi di’?”, disse Paolo Croni mentre tutti lo fissavano ammutoliti.

“Dobbiamo giocare tutto di prima, scattando in linea. Mantenendo però sempre due uomini dietro e indicandoci a vicenda due di noi pronti a scattare a rete”, asserì Roberto con molta convinzione e tranquillità.

“Ma tu sei matto! Ti sei visto troppe partite di calcio inglese (‘sta settimana) su Teleroma 56!”, gli disse Paolo Croni ridendogli in faccia.

Tutti sputarono a terra e rimasero in silenzio fino a quando il fischio di Pinuccio, l’arbitro, non li richiamò al centro del campo.

 

La voce si era sparsa velocissima nel quartiere.

Fra i ragazzini, a scuola, non si faceva che parlare di questo.

Alcuni avevano addirittura telefonato a casa, chiedendo il permesso alla maestra, per dire alle mamme di stirargli la maglietta della Magica. Tutti avrebbero indossato quella maglietta per la partita del pomeriggio, con il probabile risultato che in campo non ci si sarebbe capito nulla.

L’annunciato arrivo dei talent scout aveva gettato nel panico e nella fibrillazione tutti i ragazzini del quartiere. E proprio nel giorno del derby!

 

Bandiere della Magica erano state appese agli alberi e ai pali che assediavano il campetto. Il campetto era infine pieno di gente, tanti ragazzini in campo con magliette simili se non identiche, dagli spalti genitori e nonni e amici incitavano i ragazzini a dare il meglio di sé mentre Pinuccio, l’arbitro, cercava di richiamare tutti all’ordine per poter finalmente cominciare questa benedetta partita. Tanto caos, gioia infantile e sogni di ricchezza, fama.

Pinuccio insisteva per iniziare, cercava di far uscire genitori e fratelli dal campo, voleva tornare a casa in tempo per ascoltare alla radio la partita, quella vera, ma faticava a respingere le richieste e gli insulti di chi voleva mettersi o far mettere in bella mostra tanti sogni di gloria. No, fino a quando non fossero arrivati i due signori della Roma la partita non sarebbe cominciata.

 

Erano tutti lì ad aspettare l’arrivo dei due osservatori, quando invece giunse la notizia. Dalle piccole tribune di legno ripulite per la grande occasione, i genitori iniziarono a gridare ai propri figli di tornare subito a casa. Subito.

 

Il campo, all’ombra del grande stadio, era infine vuoto. Non era niente di più che un campetto di terra, con quattro panche sgangherate che fungevano da tribuna. Tre pali mezzi storti e mezzi arrugginiti, senza alcuna rete, fungevano da porte. Tutt’intorno sterpaglie, una mezza specie di fossato, un mare di canne e un sentiero in salita che conduceva al quartiere, ora stranamente silenzioso.

 

[Il 28 ottobre 1979, durante il derby Roma-Lazio, un razzo antigrandine raggiunge Vincenzo Paparelli, 33 anni, uccidendolo.]

 

Pubblicato sul numero 12 della Rivista Laspro

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Presentazione de “Valerio Verbano. Una ferita ancora aperta” al centro sociale L’Asilo Occupato de L’Aquila

Mercoledì 23 Marzo
ore 18
ex Asilo Viale Duca degli Abruzzi

Presentazione del libro con la presenza dell’autore

Valerio Verbano una ferita ancora aperta
Passione e morte di un militante comunista

d Marco Capoccetti Boccia

Accadde a Roma il 22 febbraio del 1980. Tre individui armati e con il volto coperto da passamontagna si presentano al civico 114 di via Monte Bianco, l’appartamento in cui Valerio Verbano, militante di Autonomia Operaia appena diciannovenne, vive insieme ai genitori. Valerio apre la porta di casa sua alle 13 e 40 e viene immediatamente assalito. Ne nasce una colluttazione che ha termine con dei colpi di pistola. Uno raggiunge il giovane Verbano alla schiena perforandogli l’intestino. Valerio muore ma, da quella terribile data, sarebbero passati oltre trent’anni senza che al suo nome potesse essere collegato quello degli assassini. Un mistero terribile che Marco Capoccetti Boccia ricostruisce con dovizia di particolari: Valerio, prima di morire, stava indagando sul mondo dell’estrema destra romana e raccoglieva materiali che avrebbero dimostrato i legami tra l’eversione nera, gli ambienti della Banda della Magliana e gli stessi poteri pubblici, il tutto destinato a comporre un dossier che, evidentemente, costò la vita al comunista romano. Quello stesso incartamento, a suo tempo sequestrato dagli inquirenti, risulta scomparso dagli archivi del Tribunale di Roma. Sono questi gli attori principali presenti sulla scena del delitto: terroristi neri che, insieme a istituzioni incuranti se non complici, fanno della passione e della morte di Valerio Verbano un omicidio di Stato.

Ricordare oggi Valerio, significa lottare per una società più libera, contro la paura e l’egoismo, per i nuovi diritti di cittadinanza, contro un modello sociale fondato ancora sullo sfruttamento.
Strappare spazi alla speculazione, affermare il diritto alla casa, contrastare precarietà di vita e di lavoro, aprirsi a una società meticcia e multiculturale, praticare autonomia e indipendenza

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Presentazione del libro alla Snia

GIOVEDI 17 FEBBRAIO ORE 19:00
CSOA EX-SNIA
Via Prenestina

PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI MARCO CAPOCCETI BOCCIA
…”VALERIO VERBANO UNA FERITA ANCORA APERTA.
PASSIONE E MORTE DI UN MILITANTE COMUNISTA”

DURANTE LA SERATA SARA’ ESPOSTA LA MOSTRA
“VALERIO NON UN NOME SU UNA VIA MA SU TUTTE LE VIE E SU TUTTE LE PIAZZE”
CON I MANIFESTI PRODOTTI DAI COMPAGNI IN QUESTI 31 ANNI

” Il 22 febbraio del 1980 tre individui armati e con il volto coperto dal passamontagna si presentano a casa di Valerio Verbano, studente di 19 anni, militante del Collettivo Autonomo del liceo Archimede. sequestrano i genitori per circa 1 ora cercando nella stanza di valerio qualcosa e attendono che Valerio torni da scuola.
Valerio apre la porta di casa sua alle 13.40 e viene immeditamente assalito. Ne nasce una colluttazione che ha termine con dei colpi di pistola.
Uno raggiunge il giovane Verbano alla schiena perforandogli l’intestino.
Valerio muore ma, da quella terribile data, sono passati 31 anni senza che al suo nome potesse essere collegato quello degli assassini.
Valerio prima di morire, stava indagando sul mondo dell’estrema destra romana e raccoglieva materiali che avrebbero dimostrato i legami tra l’eversione nera, gli ambienti della Banda della Magliana e gli stessi poteri pubblici, il tutto destinato a comporre un dossier che, evidentemente, costò al giovane comunista romano.
Quello stesso incartamento a suo tempo sequestrato dalla Digos risulta scomparso dagli Archivi del Tribunale di Roma. Sono questi gli attori principali presenti sulla scena del delitto: terroristi neri che, insieme a istituzioni incuranti se non complici, fanno della passione e della morte di Valerio Verbano un omicidio di Stato.
Ricordare valerio vuol dire ricordare anche uno studente di un liceo romano uno studente come quelle migliaia di ragazzi che oltre trent’anni dopo il 14 dicembre hanno invaso Roma mettendo in discussione l’intero attuale sistema politico.
Non abbiamo conosciuto valerio ma conosciamo benissimo chi a vario titolo governa questa città e questo paese e che avrebbero molto da rivelare di quella vicenda e di quegli anni. ”

Promuovono:
csoa ex snia
senza tregua
resistenza universitaria

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Valerio Verbano. Una ferita ancora aperta

Il 22 febbraio del 1980 tre individui armati e con il volto coperto dal passamontagna si presentano a casa di Valerio Verbano, studente di 19 anni, militante del Collettivo Autonomo del liceo Archimede. sequestrano i genitori per circa 1 ora, legandoli al letto, cercando nella stanza di Valerio qualcosa e attendono che Valerio torni da scuola.
Valerio apre la porta di casa sua alle 13.40 e viene immeditamente assalito. Ne nasce una colluttazione che ha termine con dei colpi di pistola.
Uno raggiunge il giovane Verbano alla schiena perforandogli l’intestino.
Valerio muore ma, da quella terribile data, sono passati 31 anni senza che al suo nome potesse essere collegato quello degli assassini.
Un mistero terribile che Marco Capoccetti Boccia ricostruisce con dovizia di particolari: Valerio prima di morire, stava indagando sul mondo dell’estrema destra romana e raccoglieva materiali che avrebbero dimostrato i legami tra l’eversione nera, gli ambienti della Banda della Magliana e gli stessi poteri pubblici, il tutto destinato a comporre un dossier che, evidentemente, costò al giovane comunista romano.
Quello stesso incartamento a suo tempo sequestrato dalla Digos risulta scomparso dagli Archivi del Tribunale di Roma. Sono questi gli attori principali presenti sulla scena del delitto: terroristi neri che, insieme a istituzioni incuranti se non complici, fanno della passione e della morte di Valerio Verbano un omicidio di Stato

Valerio Verbano. Una ferita ancora aperta                                                                             Passione e morte di un militante comunista

Di Marco Capoccetti Boccia

Castelvecchi Editore, pp 380,

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Recensione de “L’Ascoltatrice” di Marina Pierani

Piazza Vittorio, i suoi potenzialmente bellissimi giardini, al centro del cuore di quello che doveva essere il quartiere multietnico e multiculturale della città eterna (ma prima o poi crollerà eh..) e che si è trasformato in un nuovo immenso ghetto, a maggioranza sino-bengalese, con un tocco di sinistra radical chic italica, che però ha smesso di esaltarne la bellezza, sempre potenziale, dopo 15 anni di degrado.                                                         Una donna intelligente e coraggiosa, si siede su una fredda e scomoda panchina, con un cartello: “Vuoi parlare con me” ?                                                                                                   Un pezzo della nostra specie si siede, vince la timidezza e la paura, e racconta la propria storia. Sono italiani, bengalesi, cinesi, rumeni, giovani, donne, vecchi e bambini…                    Non v’è giudizio per queste persone, di solito abituate a essere giudicate dalla società e dalle isituzioni repressive. C’è ascolto, che significa accoglienza. Che diventa dono, per chi è abituato a essere respinto. Marina Pierani, autrice del bellissimo “L’Ascoltatrice”, si è seduta per mesi sulle panchine dei giardini di Piazza Vittorio e con eleganza e durezza allo stesse tempo ha deciso di raccontare alcune bellissime storie di vita. Le storie di Franco, venduto come uno schiavo, di Anna, vecchia e imprigionata nei ricordi, quella di James, che cerca il particolare che differenzia ogni singola chiesa, rendendola così unica, fino al maestro di Tai Chi, simbolo della piazza.                                                                                                      La piazza, ancora una volta luogo di incontro e di scontro di conoscenza e di diffidenza.

“… La piazza mi ha insegnato molto attraverso incontri o visioni, immagini e fugaci, frasi colte al volo e lunghe conversazioni, piccoli tocchi, confronti inaspettati e picchi di solitudini: è così che il piccolo grano di saggezza o di semplice esperienza con cui vi sono entrata è diventato un mucchietto di grani, senza che quasi me ne accorgessi. Qui del resto tutto viene da sè: piccole riflessioni, illuminazioni improvvise, domande, dubbi, conferme e disorientamenti…non c’è che raccogliere”.                                                                                   Così Marina chiude meravigliosamente il suo libro.                                                                      Il libro, per ora, potete ordinarlo on line qui:                                                   http://ilmiolibro.kataweb.it/schedalibro.asp?id=446811                                                           oppure potete ordinarlo presso le librerie Feltrinelli.                                                                 Chissà che un giorno una casa editrice coraggiosa e indipendente non si decida a pubblicarlo e rilanciarlo nelle migliori e peggiori librerie del Paese

Marco Capoccetti Boccia

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